
C’era una volta il vecchio detto che i consigli non richiesti sono la forma più fastidiosa d’invadenza (cosa c’è di peggio di uno che ti dice “lo vuoi un consiglio?”), adesso invece sono la norma, anzi un business, anzi una “forma d’arte”. Ti insegnano come dormire, come respirare, come smettere di pensare o come ricominciare a pensare ma nel modo giusto, cioè nel modo che fa più visualizzazioni, e se li vedi sono tutti una massa di cretini. Ogni problema è un’occasione di marketing, ogni ansia un piano editoriale, ogni crisi un format da monetizzare: persino la sofferenza deve avere un obiettivo, un piano d’azione, una grafica coordinata, un: ehi, segui il mio consiglio! Ma che cavolo vuoi.
Il Guardian ha definito questa epidemia “advice pollution”, inquinamento da consigli, e ha riportato che un utente medio è esposto a più di cento “micro-consigli” al giorno, la maggior parte provenienti da sconosciuti. Cento micro-consigli! Al giorno! Capitano anche nel mio feed, quindi immagino anche nel vostro, i consigliatori seriali.
Consigli per dormire meglio, per alzarsi presto, per essere produttivi, per non esserlo troppo, per fare la doccia fredda, per meditare sotto l’acqua calda, per fare colazione con gratitudine, per non fare colazione affatto, per parlare con te stesso davanti allo specchio, per non parlarti troppo, per stare da soli, per tornare in mezzo alla gente, per gestire il tempo, per dimenticare il tempo, per smettere di pensare, per pensare meglio, per smettere di mangiare zuccheri, per mangiare solo proteine, per non mangiare dopo le sei, per non mangiare mai, per fare decluttering, per riordinare la vita in dieci passi, per ridurre l’ansia in cinque, per riscoprire l’amore in tre, per diventare la versione migliore di te stesso, senza sapere quale fosse la peggiore.
Consigli per gli uomini che devono imparare a essere fragili e per le donne che devono imparare a essere forti, per i genitori che devono essere amici dei figli e per i figli che devono capire i genitori, per chi lavora troppo e per chi non lavora abbastanza, per chi non ha tempo e per chi non sa come riempirlo, per chi è triste, per chi è felice ma teme di non esserlo nel modo giusto.
Il Guardian cita che oltre il 70% dei contenuti più visti su TikTok e Instagram rientra nella categoria “how to”, e quasi la metà spiega banalità assolute, tipo “come bere più acqua” o “come fare amicizia da adulti”, o “come agganciare qualsiasi donna” (generalmente detto da uno che non al massimo ha agganciato una bambola Tantaly per 500 euro). È la pornografia della competenza improvvisata, milioni di persone che insegnano a milioni di altre persone come vivere. Il consiglio è diventato la carezza dell’algoritmo, l’illusione che ci sia ancora qualcuno dall’altra parte che sa qualcosa più di noi, quando in realtà nessuno sa niente, tutti però devono dirlo con voce calma, in un reel 9:16 con la musica lo-fi sotto, per far sembrare l’idiozia una forma di saggezza contemporanea, e mi raccomando, con i sottotitoli, dovessimo mai perderci qualche parola fondamentale.
E il dramma non è che ci siano troppi consigli, piuttosto che non c’è più nulla di personale da consigliare, tutto è già stato detto, copiato, riassunto, ottimizzato per l’algoritmo, ogni “come vivere meglio” è un video ti fa venire voglia di andare a cercare il consigliatore sotto casa.
Alla fine, comunque, il consiglio migliore resta sempre lo stesso: smetti di ascoltare consigli di sconosciuti che lucrano dandoti i loro consigli per avere un like. Sebbene nessuno lo farà, finché non ci sarà un video che spiega come si fa.