Video dai barconi, like e seguaci: la trappola social dei trafficanti "influencer"

Trafficanti e intermediari dell'immigrazione illegale utilizzano i social per attirare "clienti". Tra video emozionali, condivisioni e inviti a partire, i loschi faccendieri usano le tecniche degli influencer

Video dai barconi, like e seguaci: la trappola social dei trafficanti "influencer"

"Vi offriamo i migliori viaggi, il miglior trattamento e i migliori prezzi". Sui social network reclamizzano i loro "servizi" come fanno gli influencer. Pubblicizzano sé stessi con immagini d'impatto, pensate proprio per la massima diffusione. Per ottenere condivisioni, like e commenti. Ormai i trafficanti di esseri umani e gli intermediari dell'immigrazione clandestina non agiscono più nell'anonimato, nascosti da un cono d'ombra dal quale uscire solo all'occorrenza. Ora, piuttosto, si muovono indisturbati sul web, utilizzando le più comuni piattaforme per alimentare il loro business criminale.

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Trafficanti influencer, così agiscono sui social

Basta fare un giro su Facebook per scovare una quantità preoccupante di profili in cui si offrono viaggi illegali a bordo di gommoni e barchini pronti a sfidare il mare per raggiungere l'Italia. E a colpire è soprattutto la disinvoltura con cui i gestori di queste pagine normalizzano il fenomeno delle partenze, avanzando illusorie promesse di un viaggio "sicuro" e di un futuro più florido. In alcuni casi gli organizzatori delle traversate illecite ricorrono persino a strategie di marketing digitale come la cosiddetta call to action. Ovvero, l'invito all'azione. "Stiamo preparando un viaggio. Chi è pronto mi chiami", si legge sul profilo di uno di questi soggetti - tale Haj Suleiman - con tanto di contatti WhatsApp per finalizzare la partenza in tempi rapidi. E con una raccomandazione perentoria: "Non giochiamo e questa parola è solo per persone serie". Il post è del 6 agosto scorso ma ce ne sono anche altri molto più recenti, dei giorni e delle scorse ore. Il business sulla pelle dei migranti non conosce soste e prosegue imperterrito, come raccontano anche le cronache d'attualità.

Trafficanti social

I post per attirare "clienti"

"Mandatemi un messaggio privato per qualsiasi richiesta", scrive invece Hajj Mohammed, il quale promette ai suoi quasi 3mila amici social viaggi a bordo di gommoni accessoriati (omettendo però tutti i rischi del mare aperto). "C'è un viaggio la prossima settimana che partirà da una barca in fibra 9 metri, due motori Yamaha 75, dotati di tutto, salvagente, Gps", scrive l'organizzatore di trasferte illecite nel nostro Paese, spiegando che il "viaggio privato" sarà "garantito con 25 persone". Seguono condivisioni e commenti compiaciuti; qualcuno invoca Allah per chiedere la buona riuscita dell'impresa. E c'è anche una precisazione logistica: "La barca è già pronta e si trova in Libia". Come si evince anche dalle geolocalizzazioni social, molte delle partenze avvengono proprio da quel Paese, in particolare dalla città di Zuara o dalla capitale Tripoli.

La propaganda virtuale sui viaggi a Lampedusa

"Quest'anno sarete tutti in Italia e con nuovi prezzi adatti a tutti", promette un altro procacciatore di viaggi verso Lampedusa, che nella biografia social riporta anche il proprio "impiego" con beffarda schiettezza. "‎الهجرة". Tradotto: immigrazione. Come veri e propri influencer (sì, ma dell'illegalità), anche questi faccendieri di piccolo e medio cabotaggio promuovono i loro contenuti taggando amici o seguaci. Ma anche "spammando" i loro contenuti in alcuni gruppi social frequentati proprio da chi offre o chiede passaggi fuorilegge verso il nostro Paese. Nello storytelling virtuale e ingannevole dei trafficanti, l'Italia diventa così una sorta di immaginario El Dorado, una terra promessa spalancata sull'Europa. E chi arriva sano e salvo (spesso grazie ai salvataggi in mare) diventa a sua volte uno strumento di propaganda social, in una sorta di circolo vizioso in cui le migrazioni andate a buon fine suscitano altre partenze.

tiktok migranti

I video su richiesta e gli interessi criminali

"Allah è il più grande, Allah è il più grande! Sia lodato Dio: tutti i giovani sono arrivati sul suolo italiano", leggiamo su uno dei profili visionati. E su un altro ritroviamo gli stessi toni enfatici: "Gioia e felicità vengono sempre dopo la stanchezza e la miseria". "Il viaggio è arrivato sano e salvo. Grazie a Dio per la sicurezza dei giovani, in attesa dei video", scrive Hajj Jalal Abdullah ai suoi quasi 5mila amici social. Sì, perché sugli account degli "influencer" delle migrazioni compaiono anche video inviati dagli stessi profughi, con scene di felicità nei momenti dei salvataggi in mare o durante le giornate trascorse negli hotspot. I giovani approdati sulle nostre coste fanno il segno della vittoria e ringraziano chi ha concesso loro di arrivare nel nostro Paese. Si tratta di contenuti probabilmente richiesti a uso e consumo di una narrazione che serve a rappresentare quei loschi faccendieri come i migliori sulla piazza.

La trappola social

Le dinamiche utilizzate sono esattamente quelle di chi frequenta i social per trarre popolarità e profitti; ma in questo caso a essere reclamizzati non sono vestiti o creme di bellezza, bensì viaggi pericolosi e traffici gestiti da organizzazioni criminali senza scrupoli. Proprio come accade agli influencer tradizionali, il passaparola genera poi attenzione e rende certi contenuti virali. Ovviamente, sugli account in questione non viene mai raccontato il vero volto dell'immigrazione illegale, fatto di traversate ad alto rischio, di violenze, di truffe ai danni di qualche povero disperato. E talvolta, purtroppo, di drammatici naufragi. Né vengono menzionati gli interessi malavitosi dei trafficanti, che utilizzano gli esseri umani come carne da barcone: più ce ne sono, più loro guadagnano. Così, quei contenuti social diventano una vera e propria trappola.

L'immigrazione a portata di like

Nei post di chi offre viaggi verso l'Italia raramente si parla di soldi nei dettagli; piuttosto, ci si limita a promettere "prezzi favorevoli" e "risultati garantiti". Le tariffe e le modalità di pagamento si contrattano infatti in privato ma su alcune pagine c'è anche chi chiede apertamente consigli al riguardo. "Ho bisogno di qualcuno che mi aiuti, ho un viaggio via mare dalla Libia all'Italia e mi chiedono 15mila dinari (circa 3mila euro, ndr). È buona o troppa questa cifra? Ho la consapevolezza che non ho nessuno a cui chiedere lì: accettereste o no? Non voglio fare un passo e pentirmene dopo, qualcuni mi aiuti...", si legge ad esempio su un gruppo di aspiranti migranti.

Setacciando i social emergono così i contorni di un fenomeno articolato, pericoloso e purtroppo radicatissimo, al punto da mostrarsi senza timori, secondo logiche che mai avremmo pensato di ritrovare quando si parla di vite e di illusioni appese alle condotte criminali. Immigrazione illegale a portata di like.

Account trafficanti migranti

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