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"L'AI metta l'uomo al centro. O la democrazia sarà a rischio"

Marco Camisani Calzolari, divulgatore scientifico e consulente del governo sull'Intelligenza artificiale, commenta la direttiva Ue sull'argomento e spiega i rischi di uno sviluppo incontrollato della nuova tecnologia

"L'Intelligenza artificiale metta l'uomo al centro. O la democrazia sarà a rischio"

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"L'Intelligenza artificiale metta l'uomo al centro. O la democrazia sarà a rischio"

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Proteggere i diritti fondamentali, la democrazia, la privacy dei cittadini. L'Europarlamento ha approvato il cosiddetto Ai Act, l'impianto di norme europee sull'Intelligenza Artificiale, con questi obiettivi. Tra vincoli e restrizioni, la direttiva si appresta a regolamentare un settore in costante espansione, non senza incappare però in alcune contraddizioni legate al carattere planetario della rivoluzione in corso. Delle potenzialità e dei limiti del testo votato a Bruxelles ci ha parlato Marco Camisani Calzolari, divulgatore scientifico ed esperto digitale noto al pubblico televisivo, che recentemente ha scritto e pubblicato un libro - intitolato Cyberumanesimo - proprio sul rapporto tra Intelligenza artificiale, etica e democrazia.

Professore, le regole europee ci aiuteranno davvero?

"L'accordo raggiunto è legato a una questione fondamentale: l'Europa al momento non ha un proprio motore di intelligenza artificiale e le tecnologie che detiene non sono paragonabili a quelle nelle mani degli Stati Uniti o della Cina. I limiti che ci siamo imposti, però, varranno solo per il nostro Continente e ovviamente non per i potenziali competitor. Bene quindi che sia stato fatto l'Ai Act, ma per certi versi è come se ci fossimo messi il bastone tra le ruote".

Cosa non la convince?

"Sono critico sul fatto che siano stati introdotti limiti molto stringenti sul riconoscimento facciale da parte degli Stati, perché quello strumento può aiutare a prevenire il terrorismo come minaccia globale. Sono d'accordo invece sull'impianto generale, anche se forse avrei tenuto ancor di più l'uomo al centro".

Nel suo nuovo libro lei parla di "cyber umanesimo". Che significa?

"I modelli di fondazione dell'intelligenza artificiale sono scatole nere con dentro ingranaggi virtuali che imitano il linguaggio e il comportamento umano, ma attraverso dati metabolizzati già in passato. Il modo in cui ragionano non è noto nemmeno a chi li ha prodotti, quindi non dobbiamo mai dimenticarci del primato dell'uomo per non incorrere in rischi e degenerazioni che descrivo bene nel mio libro, offrendo anche delle soluzioni".

Ma siamo ancora in tempo per farlo?

"Sì, perché ancora i vari sistemi d'apprendimento delle intelligenze artificiali non sono completi. Prima che questo accada, sarebbe bene regolamentare quel che viene digerito dalle macchine".

Quali rischi corriamo senza un approccio di questo tipo?

"Siamo nell'anno in cui andranno al voto 76 Paesi, pari al 51 per cento della popolazione mondiale, e l'intelligenza artificiale potrà produrre una grande quantità di false notizie e di deepfake. Per ipotesi, se dalla Corea del Nord partissero miliardi di messaggi fuorvianti in italiano, difficilmente riusciremmo a fermare questo flusso proveniente da una fonte non controllabile. Ormai dobbiamo fare i conti con una sorta di meta-Stato globale che è internet, sul quale non esistono confini e pertinenze nazionali. Questo è il grande problema di questi tempi".

Ci sono addirittura pericoli per la democrazia?

"Certo. Noi siamo abituati a pensare alla destra e alla sinistra che litigano e si influenzano a vicenda secondo tradizionali schemi. Ma qui c'è di più: se prima potevi influenzare le persone, oggi puoi intervenire direttamente sui fatti con manipolazioni che presto non saranno più distinguibili nemmeno dagli osservatori più attenti. Se una super potenza decidesse influenzare le elezioni di un'altra, avremmo un grosso problema di democrazia internazionale. Gli stessi politici ne sono consapevoli, ma a livello globale ci sono approcci differenti. Gli Stati Uniti sono un po' più lassisti perché dispongono delle tecnologie e non vogliono privarsene, l'Europa è più spaventata e predilige una linea restrittiva".

Lei è tra i membri del Comitato di Coordinamento sull'Ai voluto da palazzo Chigi. Come state lavorando?

"Il lavoro sta tenendo conto di quel che sta accadendo in Europa, ma abbiamo dato indicazioni alla presidenza del Consiglio anche pensando alla presenza del nostro Paese al prossimo G7.

L'Italia arriverà al tavolo di discussione con una posizione molto chiara, ovvero con la volontà di regolamentare il giusto per la protezione dei cittadini ma allo stesso tempo di investire per la creazione di imprese che sfruttino o producano sistemi di Ai, in modo che non si perda il treno dello sviluppo che ne consegue".

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