"La mappa del Giornale". La nostra storia e i suoi protagonisti

Al Palazzo dei Giureconsulti di Milano parliamo un po' di noi e della nostra storia: mezzo secolo di prime pagine, di cronache, di idee. La tavola rotonda con Sallusti, Orsina e Zecchi

"La mappa del Giornale". La nostra storia e i suoi protagonisti
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Raccontare la storia de Il Giornale significa attraversare mezzo secolo di prime pagine, di cronache, di idee libere. Di inchieste, firme e visioni che hanno segnato non solo il giornalismo italiano, ma anche il pensiero culturale e politico del Paese. Al Palazzo dei Giureconsulti di Milano parliamo un po' di noi e della nostra storia. In un confronto a più voci, il direttore responsabile de Il Giornale, Alessandro Sallusti, il politologo e storico Giovanni Orsina e il filosofo e scrittore Stefano Zecchi raccoglieranno idee, ricordi e ragionamenti su questo importante percorso editoriale e sui suoi protagonisti, tracciando una vera e propria "mappa del Giornale". Un intreccio di cronaca e analisi, di narrazioni e interpretazioni dei grandi snodi della storia contemporanea stampata su carta. A moderare e condurre il dialogo sarà il giornalista Luigi Mascheroni.

11.46 - Sallusti inizia il racconto sul Giornale: "E' una di quelle esperienze che ti segnano, questo quotidiano. In casa iniziai a leggere il Giornale, una volta mi sono ritrovato a votare Dc dopo aver letto un editoriale di Montanelli. Capii che i percorsi non sono mai linee rete e che in politica si possono fare anche alleanze anomale per contrastare un avversario". Anche il professor Zecchi ricorda gli esordi con Montanelli: "Mi invitò a inziare a collaborare. In quegli anni non era facile firmare sul Giornale, io insegnavo a Padova e andare in università con Il Giornale era impegnativo. Dei contestatori, che erano dei delinquenti, me ne fecero di tutti i colori. Io usavo il Giornale come una bandiera, perché questo quotidiano si è dimostrato un baluardo della democrazia. La redazione del Giornale era un centro politico-culturale".

11.55 - Parola a professor Orsina. "Negli anni 70 l'Italia si era fortemente spostata verso sinistra su un terreno prima culturale e poi politico, diventava difficile avere posizioni controcorrente e si rischiava di venire minacciati. Quella di Montanelli fu una scelta coraggiosa, il Giornale è stato un baluardo di libertà. Ma in quella fase c'era anche un Paese profondo e consistente che contrastava la deriva di sinistra, perché l'Italia è un Paese moderato e c'era un pezzo importante di società civile che non voleva saperne di questa deriva. Montanelli incontrò queste persone: Il Giornale diventò il catalizzatore di un'area di lettori e di elettori. La nascita di Giornale e di Repubblica sul fronte opposto sono i segnali che i partiti politici stanno scricchiolando già e stanno nascendo altri centri culturali che occupano anche un ruolo politico: i giornali-partito. Il Giornale fu un luogo di tenuta della cultura moderata in quella fase così delicata".

12.00 - Sallusti incalza. "Questa dinamica si ripropose nel 94. Il Giornale raddoppiò, perché un imprenditore politico - Berlusconi - intuì la stessa cosa. Il centrodestra è un insieme di fattori che non potrebbero stare necessariamente assieme e Berlusconi riuscì a tenere insieme questi pezzi per battere la sinistra, così come Montanelli capì che bisognava votare la Dc, pur turandosi il naso, per battere la sinistra". E ancora: "Berlusconi non comandava ordinando, io in quasi 15 anni di frequentazione non ho mai ricevuto un ordine. Lui ti chiamava e ti smontava tutte le difese con la sua grande gentilezza, poi ti ricordava che nel ruolo di direttore potevi scrivere quello che volevi, dopodiché di raccontava sua visione e a quel punto non solo ti ammaliava, ma ti convinceva persino di aver ragione. Berlusconi è stato un editore attento alle sue strategie politiche, ma davvero liberale".

12.08 - Orsina sul ruolo "politico" del Giornale. "Berlusconi è profondamente identificato con le televisioni perché lui ha reinventato un rapporto tra leadership, mezzo televisivo e linguaggio. Ma è stato anche tante altre cose, è stato il conservatore di un'area culturale e ha fatto una serie di operazioni anche nella costruzione di una cultura alta liberal conservatrice. Magari non era la sua proprità, l'ha lasciato fare ad altri ma mettendoci delle proprie risorse. Il Giornale in questo contesto ha avuto una posizione centrale, che aveva una sua importanza". Mascheroni sintetizza: "Pensava a se stesso, ma pensava anche al Paese".

12.15 - Zecchi: "Nelle università ho sempre insegnato a essere liberi, a ragionare con la propria testa. Non era facile destreggiarsi, ma non mi preoccupavo di portare le mie idee. Io ho frequentato Berlusconi agli inizi, era una persona molto attenta ai movimenti anche culturali". Il professore snocciola poi ricordi sui propri incontri con Berlusconi. E ancora: "Essere al Giornale con Sallusti e Feltri ti dava un senso di dignità, mi sono trovato sempre molto bene. Anche con Montanelli, ma con lui erano altri tempi e si stava sempre con l'elmetto".

12.23 - Sallusti sul futuro dei quotidiani. "Credo e spero che i giornali di carta sopravvivano. Non saranno magari più i mezzi che raggiungono la maggior parte del pubblico ma garantiranno tutti gli strumenti. I siti più visitati e i social più frequentati sono quelli dei giornali cartacei, perché il quotidiano di carta è una garanzia di identità, di qualità, di rigore. Dubito possa sparire. Noi che facciamo informazione quotidiana siamo in difficoltà perché non abbiamo ancora completato il passaggio e a volte inseguiamo l'attualità come si faceva un tempo. Ma i nostri stessi siti sono già andati oltre . I Giornali cartacei devono ora provare a interpretare perché qualcosa è accaduto. Immagino giornali molto più di opinioni, che danno per scontato che le notizie siano già arrivate in quel momento al grande pubblico".

12.27 - Orsina: "Uno studio dice che sta aumentando la durata media dei video su YouTube, gli stessi social stanno cambiando e c'è una richiesta nuova di contenuti approfonditi. Il punto è capire come ricostruire un modello di business per l'editoria attraverso questi sistemi. Sarà un processo complesso. Forse non avremo più i giornali di carta ma li avremo in una versione digitale". Zecchi: "Sono convinto che il giornale di carta resti e che si modifichi: ci muoviamo verso una democrazia sempre più elitaria e queste elite leggeranno i giornali.

Questa idea troverà i sistemi di diffusione culturale e una riqualificazione attraverso l'elitarietà del messaggio. I giornali dovranno cambiare, diventeranno un'idea di appartenenza culturale e politica e avranno un compito molto interessante. Noi giocheremo in casa".

(in aggiornamenti)

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