In Italia, l’ultimo rapporto di AGENAS ha acceso un faro su quasi 200 strutture ospedaliere, 197 per l’esattezza, che dovranno essere sottoposte a un percorso di audit di qualità. Il monitoraggio, che fa parte del più ampio Programma Nazionale Esiti (PNE) 2025, prende in esame oltre mille nosocomi pubblici e privati (1.117 strutture), valutando otto aree cliniche fondamentali: cardiovascolare, area nervosa, respiratoria, chirurgia generale e oncologica, gravidanza e parto, ortopedia/osteomuscolare e nefrologia.
Dove si concentrano i problemi
La distribuzione territoriale delle strutture “rimandate” non è casuale: il maggior numero si concentra nelle regioni del Sud e del Centro-Sud. In Campania, per esempio, sono 51 gli ospedali segnalati; in Sicilia sono 43. Anche il Lazio e la Puglia contano 19 strutture ciascuna. Seguono poi regioni come la Calabria (11), la Sardegna (10), la Lombardia (14), a dimostrare che non è solo una questione meridionale. Ci sono però regioni “virtuose”: in Valle d’Aosta, nella Provincia autonoma di Trento e in Umbria non risulta alcuna struttura segnalata per audit.
Criticità e aree deboli
Non si tratta solo di numeri su carta; secondo AGENAS ci sono alcune aree della sanità in cui le prestazioni ospedaliere mostrano criticità reali e ricorrenti. Una delle zone più sensibili riguarda la gravidanza e il parto. Oltre la metà delle segnalazioni per audit riguarda ospedali dove i parti cesarei risultano troppo frequenti oppure dove non si rispettano gli standard raccomandati. Questo significa che in molte strutture nascite che avrebbero potuto avvenire con parto naturale vengono gestite come cesarei, con tutte le conseguenze cliniche, organizzative e psicologiche che ciò comporta.
Anche l’area cardiocircolatoria è sotto osservazione: AGENAS segnala ritardi significativi nell’accesso a interventi salvavita, come l’angioplastica. In situazioni in cui “il tempo è vita”, ogni minuto conta, e un ospedale che non garantisce la tempestività può mettere a rischio il paziente.
Un terzo ambito critico è quello dell’ortopedia per anziani, soprattutto quando si tratta di fratture fragili come quella del collo del femore in pazienti over 65. In questi casi, la rapidità dell’intervento chirurgico è fondamentale per ridurre complicazioni, dolore e mortalità. Ma secondo l’Agenzia, la “tempestività” fatica a diventare regola: troppe strutture non riescono a intervenire nei tempi ottimali, con evidenti conseguenze per gli anziani che si affidano al sistema.
Nel complesso, AGENAS stima che circa l’88% degli audit segnalati riguardi strutture con livelli molto bassi di aderenza agli standard di qualità. A questo si aggiunge un ulteriore 11% di casi in cui le anomalie riguardano la codifica delle informazioni cliniche, cioè quei documenti e quei dati che dovrebbero raccontare esattamente cosa è stato fatto, come e quando: ma se sono imprecisi o incompleti, non c’è trasparenza e diventa difficile anche analizzare e correggere eventuali errori.
Ci sono anche segnali incoraggianti
Non tutta la sanità italiana è rappresentata come in difficoltà: alcune strutture, circa 15, hanno raggiunto un livello alto o molto alto in almeno 6 delle 8 aree cliniche valutate. In due casi, ospedali in Piemonte e Veneto sono stati promossi a pieni voti su tutte e 8 le aree. Inoltre, rispetto al 2024, il numero delle strutture segnalate per audit è diminuito (da 239 a 197), segno che alcuni ospedali precedentemente critici hanno migliorato i propri standard.
Alcuni risultati sono incoraggianti anche sul fronte degli esiti. Aumentano gli interventi ortopedici entro 48 ore per fratture al femore negli over 65, e si registra una riduzione del ricorso ai parti cesarei rispetto a qualche anno fa.
Un’Italia a due velocità
Il quadro che emerge è quello di una sanità diversa da regione a regione, con alcuni centri di eccellenza, ben strutturati, organizzati e performanti, e molte strutture che invece arrancano, soprattutto in regioni meridionali o aree periferiche. Per il cittadino questo significa che l’esperienza in ospedale può variare drasticamente a seconda di dove ci si trova, dell’ospedale scelto, dell’urgenza o della patologia, si può usufruire di cure all’avanguardia oppure trovarsi di fronte a ritardi, inefficienze o standard sotto la soglia accettabile.
Come procede l’audit
Le strutture segnalate dovranno seguire un percorso di revisione con AGENAS e il ministero della Salute, per verificare aderenza agli standard di qualità, correggere le criticità e, si spera, garantire un’assistenza migliore. Il fatto che alcuni ospedali siano usciti dalla “lista nera” dimostra che il sistema può reagire quando c’è trasparenza, monitoraggio costante e impegno. Ma il compito è grande, servono risorse, formazione, controlli, e soprattutto volontà politica e organizzativa.
Cosa significa per pazienti e cittadini
Se si vive in regioni come Campania, Sicilia, Lazio, Puglia o Calabria, non è garantito che tutti gli ospedali rispettino gli standard minimi di qualità. Meglio informarsi, chiedere dati di outcome, ed eventualmente privilegiare strutture promosse. Alcuni indicatori di qualità migliorano, come la tempestività degli interventi ortopedici e la riduzione dei parti cesarei, ma con forti differenze geografiche.
Il meccanismo dell’audit, già attivato su quasi 200 strutture, dovrebbe spingere a un miglioramento generalizzato, ma i risultati concreti richiederanno
tempo e controlli continui. Il divario Nord–Sud persiste: per certe cure complesse, centri di eccellenza del Nord restano la scelta più sicura, mentre molte strutture del Sud restano “in revisione”.