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"Salvini intimidisce e criminalizza". Murgia soccorre Saviano a processo

La scrittrice presente in tribunale con alcuni colleghi per portare solidarietà a Saviano. Il giudice domanda: "Chi siete?". Poi, sui social, l'ennesimo sfogo anti-Salvini

"Salvini intimidisce e criminalizza". Murgia soccorre Saviano a processo

Nella prima udienza del processo per diffamazione contro Matteo Salvini, tenutasi ieri a Roma, Roberto Saviano non era solo: aveva pure il pubblico. Il saggista campano era infatti sostenuto e idealmente accompagnato da alcuni amici presenti in aula per esprimergli solidarietà. "Gli scrittori e le scrittrici erano tanti", ha raccontato Michela Murgia, accorsa in tribunale assieme ad altri colleghi come Chiara Tagliaferri, Chiara Valerio, Marcello Fois, e il vincitore del premio Strega del 2022, Mario Desiati. Poi, dopo le deposizioni spontanee dell'imputato, via con la foto di gruppo.

Murgia contro Salvini: "Criminalizza e minaccia la critica"

Sui social è stata proprio la Murgia a documentare la rimpatriata di scrittori a sostegno di Saviano, aggiungendo un proprio commento sulla giornata trascorsa in tribunale. "Matteo Salvini, un politico con responsabilità di governo, sta cercando di criminalizzare e intimidire - attraverso le querele d'opinione a Saviano - l'esercizio stesso del diritto di critica. Ecco perché anche stamattina con Roberto nell'aula 15 gli scrittori e le scrittrici erano tant3, di persona e idealmente, e continueranno a esserci per tutta la durata di queste cause intimidatorie", ha tuonato l'autrice, secondo la quale sarebbe in corso un vero tentativo di sabotare il diritto di dissentire dal leader leghista. "Ci è chiaro che il loro vero scopo è spaventare e far tacere ogni voce dissenziente", ha infatti aggiuniunto con tono allarmato.

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La narrazione pro-Saviano e la querela

Non vorremmo guastare l'appassionata narrazione offerta da Michela, ma a nostro avviso la realtà dei fatti è assai diversa. In Italia infatti non è in corso un tentativo di censura. Non c'è alcun pericolo di questo tipo. Saviano, più semplicemente, nel 2018 aveva utilizzato un'espressione ("ministro della mala vita") che Salvini ritenne diffamatoria, al punto da rivolgersi alla giustizia. Fine della storia. Ciò non vieta che lo scrittore campano e altri possano continuare a dissentire legittimamente dall'attuale ministro, come peraltro accade ogni giorno senza che vengano scomodati tribunali e giudici.

"L'udienza era a porte aperte, ma la giudice sembrava sorpresa che tutti i posti del pubblico fossero occupati. Chi siete, ci ha chiesto. Amici, le abbiamo risposto, ed è la verità. Amici e amiche di Roberto, consapevoli che difendere la sua voce significa proteggere la libertà delle nostre e di quelle che verranno", ha concluso Michela Murgia nel suo post su Instagram, presentando il processo a Saviano come una battaglia per difendere la libertà d'espressione.

Il paradosso è che certi scrittori rintengono minacciato il diritto di critica solo quando viene esercitato da loro, anche con espressioni forti.

Se invece sono gli altri a osare a criticarli, lamentano campagne d'odio e scomodano l'accusa di "hate speech".

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