Gli scafisti parlano con le emoticon: così aggirano i controlli e organizzano la tratta dei migranti

Una sorprendente ricerca condotta da due studiosi italiani ha rivelato che gli scafisti utilizzano le emoji come linguaggio segreto per organizzare la tratta dei migranti. Questo codice simbolico, apparentemente innocuo, consente di trasmettere istruzioni su rotte, pagamenti e contatti senza essere intercettati dai sistemi di controllo

Gli scafisti parlano con le emoticon: così aggirano i controlli e organizzano la tratta dei migranti

Sembrava un linguaggio innocuo, quasi infantile. Quelle faccine colorate che usiamo tutti i giorni per comunicare in chat, commentare sui social o mandare messaggi veloci. E invece, proprio le emoji, si stanno rivelando uno degli strumenti più efficaci e insidiosi per i trafficanti di esseri umani. A svelarlo è una sorprendente ricerca condotta da due studiosi italiani, Michele Empler e Livio Calabresi, che stanno portando alla luce un sistema tanto semplice quanto geniale: la tratta dei migranti passa attraverso un codice fatto solo di simboli.

Tutto è iniziato da un’intuizione. I due ricercatori, uno dell’Università della Tuscia e l’altro della Statale di Milano, stavano analizzando i contenuti condivisi su alcune piattaforme di messaggistica e social media. In particolare, osservavano come venissero diffusi video e messaggi indirizzati a potenziali migranti, spesso sotto forma di contenuti apparentemente banali. Ma c’era qualcosa di strano. Quelle sequenze di emoji, inserite in contesti ambigui, sembravano dire più di quanto apparisse a prima vista.

Il “Codice del migrante”: una grammatica fatta di emoji

Da lì è partito uno studio sistematico, presentato lo scorso 27 settembre a Palazzo Salviati durante un convegno del Centro Alti Studi della Difesa. I due ricercatori hanno chiamato la loro scoperta “Il Codice del migrante”: una sorta di linguaggio simbolico, basato esclusivamente su emoji, con il quale i trafficanti riescono a comunicare istruzioni, accordi e promesse ai migranti che vogliono raggiungere l’Europa.

Non si tratta solo di nascondere le informazioni — spiega Michele Empler — ma di costruire una vera e propria narrazione, una realtà alternativa che spinge le persone a partire, convinte di trovare accoglienza, documenti, e persino una casa pronta ad aspettarli.

Il sistema si basa su una formula algebrica che permette di interpretare le sequenze di emoji come vere e proprie frasi con significato preciso. In pratica, è una grammatica visiva, capace di indicare luoghi di raccolta, rotte, metodi di pagamento, contatti utili e tutto ciò che serve per organizzare un viaggio illegale.

Un linguaggio invisibile alle autorità, ma chiarissimo ai migranti

Il punto più inquietante è che tutto questo avviene alla luce del sole. I messaggi circolano su canali aperti, in gruppi pubblici, senza bisogno di nascondersi. Perché? Perché chi li legge — se non conosce il codice — non può interpretarli. Nessuna parola compromettente, nessun numero sospetto: solo una fila di emoji. Proprio questa caratteristica rende il sistema quasi invisibile agli algoritmi di controllo automatico, quelli che le autorità usano per individuare contenuti sospetti sul web.

Abbiamo trovato video e immagini che mostrano case, quartieri italiani, numeri di telefono, indirizzi. E tutto viene raccontato come se fosse semplice, accessibile, garantito”, aggiunge Livio Calabresi. La promessa è allettante: il viaggio sarà facile, i documenti arriveranno in pochi giorni, in Italia c’è posto e lavoro per tutti. Naturalmente si tratta di bugie, di narrazioni costruite ad arte per attirare disperati in cerca di una vita migliore. Eppure, in molti ci cascano, proprio perché il messaggio arriva da una fonte che sembra “sicura” e perché le immagini parlano un linguaggio universale.

L’intelligenza artificiale contro il linguaggio simbolico

Ma non è finita qui. Di fronte a questa scoperta, i due ricercatori hanno deciso di fare un passo in più: addestrare un’intelligenza artificiale capace di riconoscere e decifrare questo linguaggio. Il progetto, che è ancora in fase di prototipazione, mira a realizzare uno strumento che possa supportare le forze dell’ordine e le agenzie di sicurezza nell’identificare contenuti a rischio.

L’idea è di creare un sistema che “legga” le emoji come se fossero parole, e che sappia riconoscere le sequenze che indicano un possibile traffico o una comunicazione tra reti criminali. Non sarà facile: il linguaggio simbolico è fluido, cambia rapidamente, e i trafficanti potrebbero modificarlo per adattarsi ai nuovi controlli. Ma si tratta di un primo passo importante per colmare un vuoto che oggi rende molti strumenti di sorveglianza quasi inutili in questo ambito.

Una battaglia anche culturale

Questa scoperta non è solo una questione di tecnologia. Ci parla anche di come cambia la comunicazione criminale, di come la rete venga usata non solo per vendere beni o diffondere fake news, ma per costruire vere e proprie trame illegali sotto gli occhi di tutti. È un fenomeno che obbliga anche le istituzioni a ripensare il modo in cui affrontano il tema dell’immigrazione clandestina. Non basta più controllare i porti o rafforzare le frontiere: bisogna capire e decodificare le nuove forme di linguaggio che circolano in rete, e che spesso passano inosservate solo perché ci sembrano troppo semplici per essere pericolose.

Il potere (sottovalutato) delle emoji

Chi avrebbe mai pensato che un cuore, una barchetta, una freccia o un passaporto potessero racchiudere un messaggio tanto preciso e devastante? Le emoji sono nate per semplificare la comunicazione, per aggiungere un tono emotivo a messaggi veloci. Ma in mano a chi ha intenzioni criminali, possono diventare codici invisibili, capaci di organizzare viaggi, estorcere denaro e promettere illusioni.

È un

mondo parallelo — concludono i ricercatori — fatto di immagini, di promesse e di bugie. Ma è anche un mondo che possiamo provare a comprendere e a disinnescare, se impariamo a leggerne il linguaggio.

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