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Tono sgradevole e sconosciuto: perché non ci piace riascoltare la nostra voce e non ci è familiare

Riascoltare la voce registrata non è un'esperienza positiva per la maggior parte delle persone, ecco cosa succede

Tono sgradevole e sconosciuto: perché non ci piace riascoltare la nostra voce e non ci è familiare

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Tono sgradevole e sconosciuto: perché non ci piace riascoltare la nostra voce e non ci è familiare

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Riascoltare la propria voce, sia nel caso in cui sia stata impressa su un supporto analogico che digitale, non è propriamente un'esperienza positiva per la maggior parte delle persone, che non riescono a riconoscerne il tono e anzi lo percepiscono per lo più sgradevole all'udito. Il pensiero che gli altri avvertano proprio quel suono e non quello che siamo abituati a sentire e che ci sembra più piacevole, a volte, non è facile da accettare.

Ma come mai si verifica questo fenomeno? Il primo motivo è da ricercare nelle modalità con cui il suono si diffonde nell'aria o tramite un corpo solido. Quando sono gli altri a parlarci, infatti, la loro voce si diffonde e giunge fino a noi esclusivamente attraverso l'aria.

Nel caso in cui siamo noi a parlare, il suono è in parte filtrato, dato che prima di venire diffuso dall'aria passa dalle ossa del cranio (conduzione ossea), che diviene come una sorta di cassa di risonanza. La "conduzione ossea" del suono ha come effetto principale quello di amplificare le frequenze più gravi, mentre la voce che esce dal registratore, trasmessa solo dall'aria (conduzione aerea) sembra più acuta. Se a ciò si aggiunge il fatto che, per quanto minima, c'è sempre una distorsione prodotta dal microfono, si comprende ancora meglio il motivo per cui è proprio difficile riconoscere la nostra voce.

Il problema più grande, tuttavia, è quello di apprezzarla per come la percepiscono gli altri all'esterno, ma in genere non si tratta di un giudizio oggettivo legato alla qualità del timbro quanto di un fattore di natura psicologica. Questa ad esempio è la conclusione a cui è arrivato dopo anni si studi Neel Bhatt, docente di otorinolaringoiatria pressol'Università di Washington nonché chirurgo specializzato nel trattamento di pazienti con problemi vocali. Quasi la totalità dei pazienti da lui trattati ha mostrato di non gradire affatto il suono della propria voce così come viene percepito dagli altri e di sentirsi per questo motivo a disagio. La voce, infatti, rientra appieno tra le principali componenti della nostra identità, quindi scoprire che il mondo esterno non ci percepisce così come noi ci conosciamo colpisce in un certo senso il modo in cui valutiamo noi stessi.

Un altro fattore che in un certo senso "distorce" la percezione che abbiamo della nostra voce è dato dal fonte senso di autocritica che in genere prevale negli esseri umani: siamo spesso i critici più duri di noi stessi. A rivelarlo i risultati di una ricerca fatta a Londra nel 2005, in cui si chiese a dei pazienti con problemi vocali di valutare la propria voce registrata: un giudizio che venne espresso dagli stessi medici che li avevano in cura. Comparando le due valutazioni, i ricercatori sottolinearono le enormi discrepanze: i pazienti erano molto negativi, mentre i terapeuti, che esprimevano un giudizio più obiettivo e oggettivo, riuscivano a comprendere anche i minimi miglioramenti ottenuti durante le cure.

Pur essendo possibile ottenere dei miglioramenti, specie nel caso in cui si usi la propria voce per lavoro, nel caso ad esempio di attori o presentatori, l'unico modo per contrastare questa sensazione di sgradevolezza è quella di abituarsi a riascoltare la propria voce, accettarla e apprezzarla come catattere unico e distintivo di noi stessi.

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