In aula il racconto dell’orrore: Lorena seviziata prima di morire

Giovanissimi, ma con un istinto animale da fare rabbrividire. Hanno seviziato Lorena, l’hanno picchiata selvaggiamente fino a farle perdere i sensi, l’hanno strangolata con un cavo per l’antenna e poi con un accendino le hanno bruciato il pube.
Cala il gelo dentro l’aula del tribunale dei minorenni di Catania, quando il pubblico ministero interroga a turno i tre giovani accusati di avere assassinato la quattordicenne di Niscemi perché aveva minacciato di raccontare in paese di essere incinta di uno di loro (fatto poi smentito dall’autopsia). Rabbrividiscono gli avvocati della parte civile che hanno vietato ai genitori della ragazzina di presenziare all’udienza. Aveva sacrosanta ragione il padre di Lorena che al telefono, ieri mattina, aveva detto: «Non voglio vedere in faccia quei mostri. Non so come potrei reagire di fronte agli assassini della mia bambina».
È ancora alle prime battute il processo col rito abbreviato ai tre ragazzini, un quindicenne e due diciassettenni, e già emergono particolari agghiaccianti di quei momenti drammatici che alla fine di aprile hanno gettato sconforto in tutta Niscemi, richiamando l’attenzione della stampa nazionale per un episodio terribile. Viene fuori che i tre hanno utilizzato tutta la loro forza per picchiare la ragazza e che addirittura uno di loro mentre la percuoteva selvaggiamente è caduto e per un attimo ha pensato di essersi rotto la schiena.
Per la difesa degli imputati non sarà facile smontare una montagna di accuse che peserà come un macigno sulla sentenza prevista per martedì prossimo. L’avvocato Francesco Spataro, ieri, si è limitato a dire «Il processo sull’omicidio è morto, ma vive quello sul movente scatenante e sulla violenza sessuale». Se dunque al momento sembrano inattaccabili le contestazioni sull’omicidio e sull’occultamento del cadavere - la ragazza fu gettata in una vasca e il corpo senza vita ritrovato una settimana dopo - è probabile che gli avvocati vogliano innanzi tutto smontare la premeditazione, oltre a far venir meno l’accusa di violenza carnale. I tre durante l’interrogatorio avrebbero ammesso di avere avuto rapporti sessuali definendoli però «consensuali».
Lorena Cultraro scomparve da casa il 30 aprile. Il suo corpo senza vita fu ritrovato il 13 maggio in una cisterna nelle campagne di contrada Giummarra alla periferia di Niscemi.

Ventiquattr’ore dopo tre suoi coetanei ammisero di avere commesso il delitto. Raccontarono, forse senza rendersi conto di ciò che avevano fatto, della loro orribile decisione: assassinarla per paura, dopo che lei disse di essere incinta di uno di loro.

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