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Aumento dell'Iva? Adesso occhio ai furbetti dei prezzi che salgono

L’idea di ritoccare l’Iva ha già messo in agitazione il partito del cartellino. La spesa potrebbe riservare sorprese

Aumento dell'Iva? 
Adesso occhio ai furbetti 
dei prezzi che salgono

Quest’estate, analogamente a quella di esordio della scorsa legislatura nel 2006, sarà ricordata come l’estate del merengue fiscale: con provvedimenti e balzelli che fanno un passo avanti e uno indietro come nel ballo caraibico. Ventilare una tassa e poi non applicarla non è mai privo di conseguenze negative, sia per chi poi viene «graziato» (ma che si ricorderà di essere stato messo nel mirino) sia per chi invece non è ancora stato «nominato» ma vede il cannone girare e teme che gli si possa fermare improvvisamente davanti. Una delle tasse più perniciose anche solo da nominarsi è l’Iva, spesso considerata come asso di briscola da giocare per fare fronte a coperture finanziarie ballerine.

Il fatto è che è vero che la coperta delle tasse è sempre corta ma occorre controllare anche che il suo cartellino del prezzo non cambi al ritorno delle vacanze. È bastato infatti che per alcuni giorni si accennasse sui giornali al ritocco delle aliquote Iva, ipotesi poi scartata nell’ultimo vertice di maggioranza ma in realtà sempre in agguato, per mettere in fermento il potentissimo partito dei prezzi al consumo. L’aumento dell’imposta sul valore aggiunto rimane però presente nella delega fiscale ed è un bene che questa importante cartuccia «rimanga in canna» e non venga sparata a vuoto perché l’aumento (ma solo se accompagnato da un contemporaneo taglio della tassazione sul lavoro) sarebbe l’unico trucco fiscale per effettuare una «svalutazione sintetica» in futuro e rilanciare i consumi interni. In parole povere: i beni prodotti in Italia recupererebbero con minori tasse il ricarico dell’Iva mentre i beni di importazione ne subirebbero totalmente il rincaro, divenendo meno convenienti. Molto più immediato, conoscendo l’italica furbizia, è invece il rischio prezzi e i suoi effetti recessivi. La Confcommercio aveva già provveduto a mettere le mani avanti paventando disastri, con il consueto ed accurato conforto di studi e dati, seguita a breve distanza dalla Cisl. In queste prese di posizione che al momento si sono rivelate efficaci, ci sono mezze verità e mezze ipocrisie. La mezza verità è legata ai rischi recessivi. Quando la salita dei prezzi è guidata da un aumento della spesa e della moneta si può avere inflazione, cosa sgradevole, abbinata però alla crescita. Quando invece i prezzi salgono perché sale l’imposizione fiscale sul valore aggiunto, dato che il portafoglio a disposizione dei consumatori per fare la spesa è quello di prima, è probabile che per compensare i rincari si riducano i consumi, generando quindi spinte recessive che sono l’ultima cosa di cui l’economia ha bisogno in questo frangente.

La mezza ipocrisia invece dipende da come l’aumento dell’Iva potrebbe essere ribaltato sui consumatori, perché se fosse esattamente l’1% l’impatto potrebbe essere relativo. Quando però si è trattato di mettere mano ai cartellini, in passato la rete distributiva italiana non ha dato memorabili esempi di correttezza, basti ricordare la vergognosa corsa al raddoppio che ha caratterizzato il passaggio dalla lira all’Euro. Un articolo del costo di 4 euro dovrebbe costare 4,04 invece in molti sono pronti a scommettere che qualche brutta sorpresa potrebbe aversi anche adesso, con la semplice scusa di un timore del ritocco dell’aliquota. Il nemico numero uno è l’arrotondamento, che (quando va bene) tende a portare il prezzo del bene di 4 euro a 4,1 con un aumento più che doppio. Pertanto conviene tenere gli occhi apertissimi, confrontare i prezzi magari aiutandosi con internet e non cadere facili vittime del rincaro inesistente dell’Iva fantasma.

Twitter: @borghi_claudio

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