Pierluigi Bonora
nostro inviato a Detroit
Sono due giapponesi le vetture dell'anno negli Stati Uniti: Honda Civic, per la categoria automobili, e Honda Ridgeline, per il settore truck. La doppia affermazione di una casa del Sol levante la dice lunga sul momento nero che i costruttori americani, General Motors e Ford soprattutto, stanno attraversando. Le Big Three da tempo non sono più le regine assolute del loro mercato. Veicoli giapponesi, coreani ed europei sono sempre più richiesti dalla clientela americana che, con il passare degli anni, ha cominciato a modificare i propri gusti.
Ai grossi fuoristrada e pick-up vengono preferiti modelli di dimensioni più compatte e anche le piccole europee hanno cominciato a farsi apprezzare. La Mini, per esempio, è stata «Auto dell'anno» nel 2003. La tendenza a privilegiare il risparmio dei consumi alla potenza dei motori e all'esagerazione delle dimensioni ha raggiunto il picco lo scorso anno a causa dell'impennata dei prodotti petroliferi.
«Tutte scelte - spiega Stefano Aversa, amministratore delegato di AlixPartners, profondo conoscitore del mercato americano dell'auto - che hanno spiazzato i colossi locali costringendo Gm e Ford all'angolo. Ora il governo ha varato un piano di incentivi fiscali a favore di chi acquista vetture ibride (motore benzina-elettrico, ndr), ma trattandosi di veicoli sicuramente cari e d'interesse per chi ha la busta paga pesante, alla fine il bonus si riduce a zero».
«Le Big Three vanno all'offensiva», titolava ieri a tutta pagina The Detroit News, ma a Gm e Ford (Chrysler, per ora, sembra essere riuscita a evitare la bufera) non bastano le novità e la fiducia nel futuro per risollevarsi. Entrambi i gruppi hanno chiuso il 2005 con l'acqua alla gola e, in più, Gm sta per essere scalzata da Toyota dal primo posto nella classifica mondiale dei produttori. La stessa Toyota, inoltre, ha allo studio la realizzazione nel Michigan, a due passi dalle sedi di Gm e Ford, di una nuova fabbrica di motori in grado di dare lavoro a centinaia di americani. E proprio quello occupazionale è il tema del giorno a Detroit che ospita in questi giorni l'annuale Auto Show. Gm, che nel 2005 ha accusato perdite per 4 miliardi di dollari, ha già annunciato 30mila tagli e la chiusura di 12 impianti. Ma c'è chi è pronto a scommettere che a questo piano ne possa seguire un altro, riguardante i colletti bianchi.
Il 23 gennaio toccherà invece a Ford svelare come intende superare la crisi. Ieri, nella conferenza stampa che ha aperto l'Auto Show, il presidente Bill Ford non ne ha fatto cenno, concentrando l'intervento sulle novità del gruppo. L'entità dei tagli comunque, dovrebbe ammontare tra le 25 e le 30mila unità e a fermarsi dovrebbero essere almeno dieci stabilimenti. La casa di Dearborn deve ridurre i costi di un miliardo di dollari e rilanciare il marchio Jaguar, quello che in questo momento sta creando i maggiori problemi al gruppo.
Anche a Detroit, intanto, fanno capolino i cinesi. Finora è solo un costruttore, la Geely, a presentarsi nella capitale del Michigan. Il modello esposto è una grossa e anonima berlina il cui nome porta le stesse iniziali dello stilista Calvin Klein: CK. Equivocare con le grandi firme e i simboli delle altre marche è uno dei punti di forza delle case di Pechino.
Assenti all'Auto Show i francesi, l'Europa è rappresentata dai costruttori tedeschi, inglesi e italiani. Ferrari, Maserati e Lamborghini sono i marchi che tengono alto il blasone del made in Italy. Domani gli stand di Ferrari e Maserati riceveranno la visita dell'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne.
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