Auto, dopo gli incentivi nuovi rischi in agguato

I produttori di automobili si preparano al grande banchetto di fine anno. Più ci si avvicina alla scadenza dei piani di sostegno alle vendite varati dai governi di mezzo mondo, più aumenterà il numero di visitatori e potenziali clienti nelle concessionarie. Gli incentivi in chiave ecologica in vigore da Washington a Pechino, passando per l’Europa, stanno di fatto premiando soprattutto i costruttori generalisti, e le catene di montaggio, che la pesante crisi di fine 2008 e inizio 2009 rischiava di fare arrugginire, hanno ripreso a sfornare veicoli a un buon ritmo, con effetti positivi sull’occupazione. Il problema di fondo, però, è che ci si trova di fronte a un mercato fortemente «drogato», il cui vento in poppa deriva soprattutto dai contributi alle rottamazioni erogati più o meno generosamente. C’è da chiedersi, a questo punto, in mancanza di interventi di tipo strutturale (rendere le agevolazioni permanenti), che cosa accadrà nel momento in cui gli incentivi cesseranno il loro effetto. Il discorso vale per tutti i Paesi: negli Stati Uniti, per esempio, la considerevole riduzione delle vendite di vetture è stata bloccata grazie a una nuova potente iniezione da 2 miliardi di dollari decisa da Barack Obama. La rottamazione americana (4.500 dollari per chi aderisce al piano cash for clunkers) ha permesso ai costruttori locali di tirare il fiato e consentirà la demolizione di almeno 500mila veicoli. Anche la Cina, per rilanciare il settore, ha scelto la via dei bonus: sgravi fiscali sui veicoli di minore cilindrata e nuovi sussidi per quelli dotati di motorizzazioni alternative.
La popolazione non aspettava altro e lo scorso mese le concessionarie sono state prese d’assalto: più 63,6% le vendite. E così il Paese della Grande Muraglia, approfittando della battuta d’arresto americana, si conferma primo mercato mondiale delle quattro ruote. Per tutti, comunque, cullarsi sugli allori è proibito perché gli incentivi stanno solo tamponando, seppur con esiti anche oltre le migliori aspettative, una grossa falla. Analisti e associazioni di categoria hanno cominciato a mettere sulle avvisaglie le stanze dei bottoni, anche perché, come rilevato recentemente da Standard&Poor’s, i bonus varati nei singoli Paesi, «se da una parte aiutano le società ad affrontare la crisi nel breve periodo, dall’altra rischiano di rallentare il processo di riduzione della sovracapacità produttiva». La maggiore offerta rispetto alle reali potenzialità di assorbimento del mercato è, infatti, la vera sfida da vincere. Il problema, sollevato in più occasioni dall’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, senza interventi urgenti rischia di trasformarsi in un tumore dalle conseguenze devastanti. Ok per la terapia degli incentivi, ma il settore, sottolinea uno studio di AlixParters, «continua a essere gravato da un eccesso di capacità produttiva, situazione che i recenti interventi governativi non stanno indirizzando in maniera efficace, soprattutto in Germania e in Francia». Giancarlo Poli, managing director della società di consulenza, ricorda anche che, in generale, «i consumatori stanno privilegiando classi di veicoli più piccole, con allestimenti meno ricchi; una tendenza che, se dovesse proseguire, determinerebbe, fino al 2014 per i produttori in Europa e nelle altre regioni del mondo, un calo complessivo dei margini di profitto superiore al 4 per cento».


In Italia è Vincenzo Malagò, presidente di Federaicpa (l’associazione dei concessionari) a invitare il governo «oltre ad aprire il dossier dei rapporti tra banche e imprese del settore», a focalizzare l’azione «in interventi normativi per correggere la fiscalità sulle vetture aziendali, le disposizioni sulla indeducibilità degli interessi passivi e il regime Iva applicabile alle auto con detrazione 40%».

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