Countach e Revuelto, dentro l'anima del V12

Passato e presente, diverse ma fedeli alla tradizione: la prova su strada delle due super car della Lamborghini

Lamborghini Countach 25° anniversario
Lamborghini Countach 25° anniversario
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La portiera a forbice in argento metallizzato si solleva e ci fa accomodare sul sedile grigio di una leggenda chiamata Countach. È la 25esimo anniversario, la numero 1999 prodotta, una vettura che ha rivoluzionato la storia dell’automotive e che ha fatto sognare ad occhi aperti un’intera generazione che la contemplava sui poster appesi alle pareti di casa. Lanciata come un ballon d’essai al Salone di Ginevra del 1971 col nome LP 500, superò in un battibaleno lo scetticismo e colpì inesorabilmente pubblico e critica per le sue forme futuristiche, la tecnologia e l’adozione di un motore longitudinale posteriore da 5 litri. Una vera e propria rivoluzione. Tre anni dopo, nel 1974, l’inizio della produzione di serie che durerà 16 anni e che sarà la spina dorsale e salvifica dell’azienda di Ferruccio Lamborghini.

Guidare una Countach, nel suo 50esimo compleanno, regala emozioni uniche e uno sforzo fisico a cui non si è più abituati. Niente airbag o ausili alla sicurezza, solo la cintura per un’auto nuda e cruda che ci trasporta in un passato che oggi sembra inspiegabile. Il rombo dei 12 cilindri mentre percorriamo le strade di Ponte Samone, nei pressi di Zocca in provincia di Modena, richiama lo sguardo dei passanti riaprendo finestre di ricordi e scrigni dei sogni. Le due ore di tragitto sono un banco di prova per il guidatore. Così come un cavallo sente subito se chi lo monta è avvezzo o meno, la Countach ti fa capire immediatamente che devi rimboccarti le maniche e faticare. Devi adattarti al cambio ad H senza temporeggiamenti, alla durezza dello sterzo e della frizione, al ribassamento della vettura che ti fa sentire a pochi centimetri dal suolo, allo spazio esiguo di manovra concesso alle gambe. D’altronde il duro lavoro è all’origine di tutto.

Insieme al tempo. Non per nulla, il primo prototipo aveva rischiato di non arrivare a Ginevra a causa degli scioperi dell’epoca. Così la squadra capitanata dall’ingegner Paolo Stanzani si trasferì di fretta e furia in una cascina sperduta vicino Torino lavorando giorno e notte. Fu lì che un ignaro contadino piemontese incappando nella visione di quello strano oggetto con le ruote diede vita alla leggenda esclamando in dialetto piemontese countach!, otto lettere di stupore che coniarono il nome della vettura. Lo stupore continua ad albergare nell’animo di ogni guidatore che ha la fortuna di salirci a bordo.

La 25° Anniversario che abbiamo provato ti fa sentire un re. Ma è lei la vera regina, la migliore di tutte le Countach. Non tanto per le finiture, le dotazioni e l’aerodinamica, quanto per la guidabilità e fruibilità. La tenuta di strada tra curve, salite e tornanti è sorprendente.
Pit stop a Sant’Agata Bolognese.

La portiera a forbice in blu arione si solleva e ci fa accomodare sul sedile in pelle di un’auto che punta anche a lei a diventare leggenda. La Revuelto ci fa fare un balzo in avanti di 50 anni e ci teletrasporta in un presente che è già futuro.

Lamborghini Revuelto
Lamborghini Revuelto

Siamo a bordo della prima supersportiva V12 ibrida plug-in HPEV (high performance electrified vehicle). Qui il piacere di guida è elevato all’ennesima potenza con un propulsore da 1015 cavalli. Partiamo in modalità di guida città per sfruttare le potenzialità dei tre motori elettrici e ci spostiamo poi in modalità strada per il nostro itinerario sulle colline modenesi. Qui è tutto un tributo alla fibra di carbonio e alla leggerezza tali da far raggiungere il miglior rapporto peso/potenza della storia Lamborghini: 1,75 kg/CV. Traduzione? Accelerazione 0-100 in soli 2,5 secondi e velocità massima di oltre 350 km/h.

Qui non c’è fatica e non ci sono mancanze, però il Dna è lo stesso della Countach così come il motore 12 cilindri posteriore, le portiere ad apertura verticale, l’impostazione di guida. Insomma, nella linea del tempo e nel 60esimo anniversario dell’azienda di Sant’Agata bolognese, l’anima delle supercar del Toro non è mai cambiata.

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