
A Imola, i sogni hanno sempre avuto il rumore dei motori. A volte forti, a volte spezzati. Come quando la Superbike ci regalò una delle finali più incredibili della storia, con Colin Edwards che strappò il titolo a Troy Bayliss. Come quando qui, sulla stessa pista, Ayrton Senna lasciò il mondo terreno per entrare nel mito, nella legenda. Come ogni volta che il semaforo si spegne e le anime di chi guarda si accendono.
Oggi, in questo angolo d’Italia dove la passione ha radici profonde come la terra rossa delle colline, sono tornate 240.000 persone. Famiglie, tifosi, bambini, ragazzi, uomini e donne che hanno riempito ogni punto disponibile del tracciato: dalla Tosa al Tamburello, dalle Acque Minerali alla Rivazza. Un rosso che, visto dall’alto, sembrava un abbraccio alla pista e alla sua storia.
Non è stato solo un Gran Premio. È stata una dichiarazione d’amore. Perché Imola è diversa. Ha un cuore che batte forte e caldo, ha un’identità che non si può replicare in nessun autodromo costruito nel deserto. Qui c’è un popolo, c’è un centro storico a due passi dal paddock, c’è il Santerno che separa e unisce, c’è la memoria, e c’è la speranza.
Oltre 100.000 persone hanno vissuto le serate dell’Imola Fan City Experience tra musica, parole, vino e bandiere. In tutta la Motor Valley non c’era più un letto libero o un posto a tavola. Agriturismi, alberghi, B&B, ristoranti: tutto pieno, tutto vivo. Oltre 300 milioni di euro di indotto, ma sarebbe riduttivo fermarsi a una cifra. Perché a Imola il motore non è solo economia. È cultura, è orgoglio, è radice profonda.
Lo sa bene Marco Panieri, il giovane sindaco che ha creduto in tutto questo. Che ha trasformato il circuito in un punto di riferimento anche per concerti, triathlon ed eventi di ogni tipo. L’autodromo Enzo e Dino Ferrari non è solo un luogo dove si corre: è un punto di incontro. Una casa. E ora? Ora arriva il momento più difficile. Perché non sappiamo ancora se uk tracciato del Santerno tornerà in calendario nel 2026. Le luci si spengono, i camion ripartono, gli amici se ne vanno e i tifosi tornano a casa. Ma il pensiero resta: questo luogo non può essere dimenticato.
Imola deve restare. Deve restare nel cuore della Formula 1. Perché rappresenta l’Italia delle eccellenze, del talento, del lavoro. E perché qui si respira la verità del motorsport, quella che nessuna operazione commerciale potrà mai inventare da zero. Lo ha detto bene il Sindaco: “Il territorio ha risposto, gli investimenti ci sono, le risorse anche. Ora è il momento di continuare insieme”. Imola è autentica, è radicata, è nostra.
Gli amici si sono salutati con una foto e una coppa in mano. Ma sotto voce si sono già dati appuntamento: ci rivediamo qui, l’anno prossimo. Perché chi ha corso, chi ha tifato, chi ha amato questa terra non può lasciarla andare.
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