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Fiat Barchetta, la spider degli anni Novanta

La Fiat Barchetta è stata la spider simbolo degli anni Novanta, una "sportivetta" a cielo aperto con il fascino e lo stile di una classica del passato

Fiat Barchetta, la spider degli anni Novanta
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Fresca come un sorbetto al limone sotto al caldo sole dell'estate, seducente come una "Venere" appena uscita dall'acqua, la Fiat Barchetta irrompe negli anni '90 sconquassando tutti gli equilibri. Il colosso torinese ha una voglia matta di tornare a danzare con il vento tra i capelli, grazie a un'auto romantica che adora essere guidata a cielo aperto. Nella tradizione Fiat le Spider (soprattutto 850 e 124) hanno rappresentato una pagina felice e spensierata, un orpello da esibire come l'argenteria per le grandi occasioni, mentre alla Barchetta spetta il compito di recitare uno spartito differente: dare noia alla Mazda MX-5.

La giapponese è il vero punto di riferimento degli "spiderini" a buon mercato, perché ha una linea aggrazziata e una dinamica di guida superlativa. Il merito è soprattutto di un peso complessivo contenuto e della trazione posteriore. Dal canto suo la Fiat può contare sul favore della bilancia, ma affidandosi al telaio della Punto, le ruote da muovere sono inevitabilmente quelle anteriori. Nonostante questo limite invalicabile, le frecce nella faretra dell'italiana non sono affatto poche.

La forza è nella storia

I limiti tecnici imposti dal telaio della Punto, non si rivelano un grande problema. In primo luogo perché grazie all’accorciamento del passo e all’adeguamento delle estensioni del cofano, nessuno potrebbe immaginare che sotto all'amabile veste si nasconda lo scheletro di una Punto. Su strada, poi, la Barchetta si comporta in modo egregio, brillando per maneggevolezza e brillantezza. Anche se non possiede uno schema classico, la spider di Fiat guadagna le sue stelle al merito direttamente sul campo.

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Dicevamo, però, che la sua forza sta in un design che risplende per accuratezza e rispetto della tradizione. Per scegliere la penna che avrebbe disegnato la sua forma definitiva, al Lingotto nasce una battaglia intestina tra Chirs Bangle e Andreas Zapatinas. A spuntarla è il designer greco, mentre all'americano tocca la Fiat Coupé. Zapatinas vince perché da un foglio bianco partorisce una macchina classica, con delle linee morbide e dolci con evidenti richiami al passato. A tal proposito le maniglie apri porta sono ispirate a quelle della Cisitalia di Pininfarina, mentre il rilievo laterale della fiancata è ripreso dalla Ferrari 166 del 1940 (Touring). Anche i fari carenati sono una folgorazione che guarda a ciò che c'era ieri. Infine, tra le vernici spicca l'arancione aragosta della Lamborghini Miura, affidato in concessione dalla Carrozzeria Bertone.

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A referto ci sono anche soluzioni geniali e moderne, come il cofano motore e il portellone baule con apertura a botola, che permettono di avere delle linee levigate dal vento. In fondo, la Barchetta ha solo tanta voglia di essere sospinta da una brezza marittima. Il nome, infine, svela la sua natura: due posti secchi con carenatura subito dietro ai sedili, assenza dei deflettori e parabrezza dalle dimensioni ridotte. La capote, invece, viene custodita dietro un lamierato che si alza e riabbassa, a testimonianza di un'impostazione da barchetta. Una reinterpretazione contemporanea di un classico senza tempo.

Fiat Barchetta tra artigianalità e seduzione

Ad aumentare l'appeal della spider torinese contribuisce la scelta di affidare il suo assemblaggio alla Carrozzeria Maggiora di Moncalieri, in Piemonte. Proprio come nei fastosi anni Cinquanta e Sessanta, i grandi artiginani tornano protagonisti con una macchina elegante e affascinante, destinata a una nicchia di clienti che sa apprezzare il lavoro manuale. Sul mercato si presenta con un motore benzina aspirato da 1.8 litri e 130 CV, che sa ruggire e irradiare belle vibrazioni al cuore di chi siede al volante. La complessiva leggerezza (1070 chilogrammi) permette alla Barchetta di desteggiarsi con abilità anche nei percorsi più tecnici, mentre se viene scatenata su una dritta lingua di asfalto può toccare i 200 km/h di velocità massima.

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L'handicap della trazione anteriore non si fa sentire, la Fiat Barchetta è infatti un buon rasoio tra le curve grazie a un comparto di sospensioni eccellente: MacPherson all’anteriore e ruote indipendenti al retrotreno. A completare il pacchetto ci pensano le carreggiate allargate, che permettono una stabilità eccellente. Lo sterzo, poi, è un'arma in più per far brillare nel misto la seducente vettura con capote in tela. Il prezzo di partenza nel 1995 è di 33,8 milioni di lire, qualcosa in meno rispetto alla sua rivale nipponica.

La seconda serie

La Fiat Barchetta riceve una seconda serie, che è sostanzialmente un massiccio restyling, nel 2003. La produzione si sposta dalla Carrozzeria Maggiora allo stabilimento interno di Mirafiori. Il design riceve una rinfrescata grazie alla mano di Tom Tjaarda, affermato disegnatore di auto, già padre della Fiat 124 Sport Spider. Rispetto alla versione originale, il frontale viene rivisto nella parte del fascione paraurti, dove viene introdotta una calandra nera raccordata alla forma della presa d'aria posta sotto il logo circolare FIAT. Quest'ultimo è quello con sfondo blu, adottato nel centenario della casa torinese. Al posteriore, invece, fa capolino un paraurti di diverso taglio, più levigato, uniforme e senza nervature. Nel complesso la Barchetta, forse, perde un po' di charme e appeal. La sua carriera si interrompe nel 2005 con quasi 60.000 unità vendute in dieci anni, ma la sua traccia è ben visibile ancora adesso.

Sono in tantissimi gli appassionati di questo modello, che appena un raggio di sole spunta all'orizzonte scoperchiano il tetto e si mettono a ballare tra le curve con un bel sorriso sul volto.

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