Fiat Barchetta, la spiderina accessibile che fa gola ai collezionisti

Prodotta dal 1995 al 2005, la Fiat Barchetta nasceva come alternativa leggermente più economica alla Mazda MX-5 ma ben presto si scoprì un’auto dalla spiccata personalità, desiderata oggi come allora

Fiat Barchetta, la spiderina accessibile che fa gola ai collezionisti

Fiat Barchetta: la risposta Fiat alla “spider-mania” che dilagava alla fine degli anni ‘90. Più economica di una Mazda MX-5 ma ugualmente sfiziosa, tanto per il look quanto per la dinamica di guida, nonostante la trazione “dalla parte sbagliata”. In questi paragrafi vi raccontiamo la storia di una delle Fiat più amate dai collezionisti.

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Profumo di anni ‘50 (e di pizza)

All’inizio degli anni ‘90 la Fiat non navigava certo nell’oro e l’idea di sviluppare una piattaforma con schema a trazione posteriore per un solo modello di nicchia era semplicemente fuori questione per un brand generalista. In quegli anni, la banca organi in quel di Mirafiori disponeva della nuova architettura recentemente sviluppata per Punto prima serie, sul mercato dal 1993: i tecnici del Lingotto decisero, quindi, di partire da lì per costruire l’ossatura della nuova Fiat Barchetta, l’auto che insieme alla coeva Fiat Coupé riportò la casa torinese nel settore delle sportive accessibili. Il risultato fu al di sopra delle aspettative: grazie all’accorciamento del passo di 175 mm (per un totale di 2.270 mm e una lunghezza complessiva di 3.920 mm) e all’adeguamento delle proporzioni del cofano (allungato e abbassato), tutto si poteva desumere fuorché la Barchetta fosse derivata dalla Punto.

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Lo stile della spiderina italiana, firmato dal designer greto Andreas Zapatinas, era un omaggio continuo alle sportive del passato glorioso di Fiat ma anche delle roadster che hanno fatto la storia dell’automobilismo, a cominciare dalla Ferrari 166 MM Barchetta del 1948 carrozzata da Touring Superleggera. Linee fluide e semplici, disegnate dal vento, gruppi ottici anteriori carenati, fanali posteriori sdoppiati, maniglie a scomparsa nella fiancata, proporzioni impeccabili: la Barchetta divenne immediatamente un’icona di stile. Uno stile che si rifletteva anche nel piccolo abitacolo dove, accanto agli inevitabili riferimenti alla produzione Fiat di quegli anni, non mancavano omaggi alle roadster degli anni ‘50, come nel caso delle sezioni in tinta carrozzeria su pannelli porta e parte inferiore della plancia che suggerivano il collegamento tra interno ed esterno tipico delle “barchette”. L’assemblaggio della vettura, dal 1994 al 2002, fu opera della Carrozzeria Maggiora di Moncalieri, un tocco di artigianalità che oggi rende la piccola spiderina Fiat ancora più attraente, grazie anche ai volumi ridotti in cui è stata prodotta nel corso della sua carriera (circa 57.000 esemplari in 10 anni, di cui gli ultimi due presso lo stabilimento Fiat di Mirafiori).

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Curiosità nella curiosità: per arrivare allo stile definitivo della Fiat Barchetta, il Centro Stile Fiat indisse una competizione interna tra le sue “matite” più celebri dell’epoca. Ognuno dei prototipi presentati alla dirigenza prendeva il nome di una pizza: quello di Zapatinas, la “Marinara”, fu scelto a gran voce come base di partenza per realizzare il modello di serie. Scartato il progetto “Atomica” (sempre di Zapatinas) e “Bismark”, mentre Chris Bangle si dedicò alla “Diavola”, una variante stilistica più estrema che si sarebbe poi tradotta nel design spigoloso e originale della Fiat Coupé.

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Brio en-plein-air

Lanciata nella primavera del 1995, Fiat Barchetta proponeva un solo motore a benzina aspirato, un 1.8 4 cilindri accreditato di una cavalleria più che sufficiente per muovere con brio una vettura dal peso a secco di soli 1.060 kg: 130 i cavalli, erogati a 6.300 giri/minuto, per un’accelerazione 0-100 km/h coperta in 8,7 secondi e una velocità massima che toccava i 200 km/h. Dinamicamente, la Barchetta si rivelò al di sopra delle aspettative, sempre in relazione allo schema meccanico: del resto, la distribuzione dei pesi tipicamente da auto a trazione anteriore (65% davanti, 35% dietro), non poteva fare miracoli.

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Eppure, grazie alle regolazioni sportive dell’assetto (MacPherson all’anteriore e ruote indipendenti al posteriore) e alle carreggiate allargate, la Barchetta si faceva guidare con il sorriso anche dai guidatori più maliziosi, che ne apprezzarono l’elasticità del motore 16 valvole, la bontà dello sterzo e la leggerezza complessiva. Sbagliato paragonarla con le altre due posti senza tetto presenti sul mercato in quegli anni, a cominciare dalla MX-5 di Mazda, più coinvolgente alla guida ma meno accattivante nel look. Rispetto a questa, la Barchetta aveva dalla sua anche un prezzo sensibilmente inferiore: poco meno di 34 milioni delle vecchie lire contro i 37,5 milioni della giapponese.

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Il restyling e la nuova “casa”

Nel 2002, in seguito alla chiusura della carrozzeria Maggiora, il destino della Fiat Barchetta rimane appeso un filo fino a quando non si decide di trasferirne la produzione presso lo stabilimento Fiat di Mirafiori. A fine 2002, al Motor Show di Bologna fa la sua apparizione il restyling della Barchetta, che cambia vistosamente nel paraurti frontale (con una grande “bocca” squadrata), nella gamma colori, nei cerchi in lega (ora di serie da 16 pollici anziché 15) e, in modo minore, in alcuni dettagli nell’abitacolo. L’aggiornamento non conquistò mai il pubblico e servì soltanto per traghettare la Barchetta sulla via del tramonto: l’ultimo esemplare uscì dalla fabbrica nel 2005, senza eredi all’orizzonte. Si dovette attendere il 2016, con la 124 Spider realizzata in Giappone insieme alla Mazda MX-5, per vedere nuovamente su strada una Fiat senza tetto.

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Come l’erede italo-giapponese, anche la Barchetta del 1995 è destinata a salire rapidamente di valore sul mercato dell’usato, specialmente se si trova un esemplare in buone condizioni (pochi i difetti riscontrati nel corso dei 10 anni di produzione), magari in una delle numerose edizioni speciali realizzate.

Meno intriganti, ma più fresche, sono le restyling vendute dal 2003 in poi, per le quali il valore di mercato attuale si avvicina ai 20.000 euro. Praticamente, lo stesso prezzo che si pagava per la vettura nuova vent’anni fa.

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