Lancia Scorpion, la coupé al di là dell'Atlantico

La Lancia Beta Montecarlo, Scorpion per il Nord America, ha tentato la fortuna in un mercato complesso come quello degli Stati Uniti

Lancia Scorpion
Lancia Scorpion

Il primo amore non si scorda mai, ciò dice il popolare adagio e, forse, è stato così anche per Herbie, il "Maggiolino tutto matto" protagonista della fortunata serie di film della Walt Disney. L'animata e folle macchina della Volkswagen ha un colpo di fulmine per una Lancia Scorpion nella sua terza fatica cinematografica, quella che gli consente di gareggiare in Europa tra Parigi e il Principato di Monaco. Curioso perché la denominazione originale della berlinetta italiana è proprio Beta Montecarlo, ma nel mercato americano deve mutare per non confondersi con la Chevrolet Monte Carlo. In ogni caso, il simpatico Maggiolino scopre che il suo motore e i suoi cingoli battono per Giselle, una seducente Lancia di colore azzurro e con un vistoso numero 7 stampato sul cofano e sulle fiancate. Anche lei è stranamente dotata di anima. Quella Scorpion possiede persino i fari a scomparsa, dettaglio che sulla versione di serie non viene confermata. Per Lancia sembra l'occasione buona per bucare lo schermo prima e, conquistare le terre al di là dell'Atlantico poi, invece, la Scorpion non lascia il segno nella terra scoperta dal conterraneo Cristoforo Colombo. Strane le ruote del destino, per un'auto che aveva tutte le carte in regola per imporsi anche negli Stati Uniti.

Il coraggio di osare

La Lancia Beta Montecarlo rappresenta la voglia di osare dell'industria italiana, un atto di coraggio in un periodo storico nebuloso e minacciato dall'assillante spauracchio della crisi, soprattutto di tipo petrolifero, in grado di azzoppare letteralmente il mercato delle sportive. La Casa di Chivasso ha bisogno di rilanciarsi, per immagine e contenuti, dato che la sua identità comincia a smarrirsi. Dal 1969, l'azienda fondata da Vincenzo Lancia è finita nell'orbita di Fiat, il grande colosso torinese, che nel 1974 decide di fargli un regalo: i piani alti acconsentono alla stesura di una berlinetta sportiva con motore centrale e trazione posteriore. È il rilancio di un brand di chiara fama. Una distintiva indicazione di sportività, in un momento in cui la gamma di Lancia ha già virato verso la trazione anteriore con le sue varie Beta (berlina, coupé e spider). Per la Montecarlo ci vuole qualcosa di più, per lei serve un motore potente, dunque, la scelta si avvita sul 2.0 litri quattro cilindri in linea, montato trasversalmente, con alimentazione a carburatore doppio corpo. Per l'abito si sceglie Pininfarina, naturalmente. La carrozzeria torinese si cimenta con la Beta Montecarlo in una prova ardita, dato che oltre al design, deve completare persino il telaio in totale autonomia. Si tratta della loro prima volta. La critica la premia al Salone di Ginevra 1974, perché la berlinetta torinese è bella e originale, con quel muso allungato e la coda tronca. Sembra una Ferrari BB in miniatura.

Lancia Beta Montecarlo
Lancia Beta Montecarlo

Niente furore oltreoceano

Le premesse fanno sperare in bene. Un tripudio di applausi e di consensi contrassegna lo sbarco della Lancia in America. La speranza è di tramutare l'affetto in vendite, così da colonizzare le strade a stelle e strisce con un po' di personalità tipicamente italiana. La via, però, è in salita fin dal primo passo. Per commercializzare la due posti è necessario apportare delle rigide modifiche alla carrozzeria, che appesantiscono la linea snella di Pininfarina, per colpa di paraurti posticci ma più assorbenti in caso di urto. Poi non basta, cambia anche il look dei fanali anteriori, adesso tondi anziché rettangolari, così come il cofano motore provvisto di griglia più ampia e di feritoie per raffreddare il catalizzatore. Anche sotto pelle la sportiva tricolore è costretta ad apportare dei sonori cambiamenti: il 2.0 lascia spazio a un 1.8 da 80 CV (40 in meno rispetto all'originale) dotato di tutti i dispositivi antinquinamento necessari per rendere il livello di emissione dei gas di scarico conforme ai severi standard degli yankee. L'ultimo tassello è il cambio del nome da Beta Montecarlo a Scorpion. Peccato che il velenoso modello non riesca a pungere e, anzi, viene completamente snobbato dagli americani. Non basta la fama sul grande schermo, il look "esotico" e le prestazioni superiori alle sue contendenti, quali Porsche 914, Alpine Renault e Fiat X1/9. Dopo il biennio 1976-77, la Scorpion torna in Europa con la coda tra le gambe.

Lancia Scorpion
La Scorpion con le evidenti modifiche

Lancia Beta Monte Carlo, una pausa e il rilancio

Il flop fragoroso in Nord America causa uno stop immediato delle vendite all'alba del 1978. Serve una riflessione, bisogna interrogarsi sul perché questo modello così seducente non abbia attecchito. Nel 1980, però, alla Lancia sono pronti a dare una nuova chance alla berlinetta, così assistiamo al ritorno della Beta Montecarlo (almeno in Europa). Qua e là registriamo qualche tocco di curiosa modernità per la sportiva di Lancia, alla quale viene donata una nuova improvvisa freschezza. Sotto al cofano resiste il motore originale, che riporta qualche piccola miglioria. Nel 1981 la Pininfarina smette di produrla, anche se in listino resiste fino al 1984.

In totale, tra prima e seconda serie, ne vengono prodotte quasi 8.000 unità. Oltre a Giselle, la Beta Montecarlo/Scorpion sarà la base per le leggendarie Lancia 037e Montecarlo Turbo, dominatrici dei rally e delle competizioni su pista.

Lancia Beta Montecarlo
La seconda serie di Montecarlo

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