Cgil, fuga da Landini: 45mila disdette

Il calo è avvenuto in soltanto dieci mesi. L'"esodo" riguarda tutte le regioni italiane

Cgil, fuga da Landini: 45mila disdette
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È notte fonda per la Cgil. Il primo sindacato italiano, costola del Partito democratico, guidato da Maurizio Landini, ormai proiettato verso un futuro in politica, mette in fuga gli iscritti. La svolta anti-Meloni non piace alla base Cgil. I dati sono impietosi. Dal 16 ottobre 2024 all'8 agosto 2025 sono 45mila i lavoratori che hanno deciso di strappare la tessera d'iscrizione al sindacato. In dieci mesi, quasi 50mila lavoratori hanno salutato Landini e company. Una media negativa di circa 5mila lavoratori al mese. C'è molto lavoro da fare agli uffici di Corso Italia, che è a Roma. Fioccano le lettere di disdetta inviate alla segreteria nazionale. La fuga è omogenea e non colpisce solo un'area dell'Italia. Un po'in tutte le regioni i lavoratori decidono di dare picche a Landini. Un bilancio sulla fuga di iscritti viene effettuato dalla sigla Cgl (Come Gestire i Licenziamenti), una fronda autonoma fondata da Antonio Rudas, Giovanni Piras e Salvatore Frulio, tre ex dirigenti Cgil espulsi dal sindacato per le loro posizioni critiche rispetto alla gestione targata Maurizio Landini. Nel 2017, i tre furono cacciati dalla Cgil, nonostante decenni di battaglie al fianco dei lavoratori. Rudas fu addirittura licenziato. Dopo sette lunghi anni, la magistratura ha cancellato quella decisione: la delibera che sanciva la loro espulsione era illegittima, così come il licenziamento di Rudas. Al netto però delle proprie vicende personali e legali, il sito Cgl è diventato un luogo di denuncia contro la linea politica di Landini. Ed è proprio sul portale che è stato attivato un servizio per consentire ai lavoratori, attraverso una procedura semplificata e guidata, la disdetta dall'iscrizione dal sindacato con conseguente versamento della quota.

Grazie al servizio disdetta attivato da Cgl, 45mila lavoratori hanno inoltrato lo stop all'iscrizione al sindacato. Una fuga che ha pure risvolti economici per un sindacato che certo non naviga in buone acque. Dall'ultimo bilancio è emerso che Futura Srl, la casa editrice controllata dalla galassia della Cgil di Maurizio Landini, è in rosso. Il 2024 si è chiuso con una perdita di quasi 5 milioni di euro (per l'esattezza 4.707.881, contro i 3,1 milioni del 2023), a fronte di un fatturato che si è ulteriormente assottigliato, scendendo sotto quota 3 milioni. Nonostante il recente aumento di capitale varato per tenere in piedi la baracca, oggi le riserve patrimoniali della società sono ridotte al lumicino.

Nel 2025, salvo nuovi innesti di cassa da parte delle federazioni della Cgil, Futura rischia seriamente di chiudere. Oppure, più semplicemente, dovrà chiedere ai compagni di mettersi di nuovo la mano in tasca. Il tema sindacale resta il tasto dolente. Qual è il futuro del sindacato? Il segretario Landini ormai dopo il bis, vorrà provare il salto in politica. La Cgil si è trasformata in un partito di opposizione. Più interessata a battaglie politiche che sindacali. Basta pensare che nell'ultimo anno Landini si è occupato di tutto: giustizia, autonomia, Palestina, costi della politica. Fallendo poi la battaglia del referendum sul lavoro. Una politicizzazione del sindacato che non piace ai lavoratori. In passato il Giornale aveva già provato a mettere in fila i numeri sul crollo degli iscritti: dal 2019, anno dell'elezione alla segreteria generale di Maurizio Landini, al 2023 il sindacato aveva perso 177 mila tesserati in 4 anni. Nel 2019 la Cgil aveva 5 milioni e 346.

71 iscritti. Al primo gennaio 2023 di iscritti ne aveva 5milioni e 168.924. Eppure di recente, Maurizio Landini aveva parlato di un aumento di iscritti (22mila) tra il 2023 e il 2024. Furbamente, senza citare le disdette.

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