«Il fatto non sussiste»: bisognerebbe andarlo a spiegare a quelle centinaia di milanesi che alle tre del pomeriggio di un giorno di marzo del 2007 avevano osato prendere il tram e timbrato il biglietto, convinti che questo desse loro il diritto di essere trasportati al lavoro, a casa, a prendere i figli o insomma dove diamine gli pareva. E invece si sono trovati bloccati per un’ora dalla manifestazione di un’allegra brigata di militanti del cento sociale Cantiere, indignati perché a millecinquecentosettantasei chilometri da Milano, nella splendida Copenaghen, la polizia quattro giorni prima aveva osato chiudere il gemello locale del Cantiere, il centro sociale UngdomHuset.
Cosa c’entrano i pendolari del 29/30 con le vicissitudini del centro sociale UngdomHuset? Ovviamente niente. Ma quel pomeriggio furono i passeggeri del tram a pagare le conseguenze della protesta dei sodali milanesi del UngdomHuset. Il Cantiere andò a protestare sotto la sede del consolato danese, in via Ariosto, e bloccarono la circolazione tranviaria. Ne nacquero denunce per interruzione di pubblico servizio e manifestazione non autorizzata, indagini, procedimento penale. Identificati grazie alle fotografie e alle riprese delle forze dell’ordine, ventidue militanti del Cantiere sono finiti a processo su richiesta del pubblico ministero Maria Vulpio. In aula la Procura ha chiesto per tutti gli imputati cinque mesi di carcere, Ma ieri, il giudice Giulia Turri - un magistrato in genere noto in tribunale per la sua severità, e attualmente a capo del collegio che sta giudicando Silvio Berlusconi per il Rubygate - stabilisce che non è successo niente.
Ventidue imputati, ventidue assoluzioni. Non sussiste il reato di manifestazione non autorizzata. E nemmeno esiste il reato di interruzione di pubblico servizio. Cosa abbia inteso stabilire il giudice lo si capirà bene solo leggendo le motivazioni. Certamente la dottoressa Turri non avrà ritenuto che i tram circolarono normalmente, visto che i rapporti inviati dall’Atm indicavano per filo e per segno i danni subìti dal trasporto pubblico. Più probabile che il giudice abbia ritenuto che il blocco del traffico sia stato un danno collaterale, un effetto non voluto della legittima manifestazione di solidarietà.
A sostenere la tesi, d’altronde, era stato nel corso del processo l’avvocato dei ventidue cantieristi sotto accusa: ovvero Mirko Mazzali, da anni punto di riferimento in toga dell’universo antagonista cittadino. Tra i ventidue imputati, d’altronde, c’erano alcuni personaggi storici dell’ultrasinistra milanese: a partire da quel Leon Emanuel Blanchart, rampollo di un gallerista d’arte e già gravato di diversi precedenti penali.
Oggi Mazzali, oltre che un bravo avvocato, è anche consigliere comunale, eletto nel giugno scorso nelle liste di Sel, ed è stato nominato presidente delle Commissione sicurezza di Palazzo Marino: dove si è fatto latore di una concezione «liberal» e tollerante della sicurezza urbana.
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