Autostrade, la Ue chiede spiegazioni

Paolo Stefanato

da Milano

Bruxelles ha annunciato, ieri sera, di voler contattare urgentemente il governo italiano per chiarire se al veto alla fusione Autostrade-Abertis annunciato venerdì debba essere attribuito valore ufficiale, o solo preliminare: se si trattasse di un atto legale a tutti gli effetti, l’Italia avrebbe violato l’articolo 56 del Trattato comunitario, che garantisce la libera ciurcolazione dei capitali all’interno del’Unione europea. Inoltre, una notifica italiana è attesa a Bruxelles anche in base al regolamento Antitrust: finora la fusione era allo stato di pre-notifica. La Commissione - per bocca di uno dei portavoce - ha comunque sottolineato di aver appreso delle decisioni di Roma solo attrraverso la stampa, e di attendersi quindi spiegazioni.
«I contatti continuano. Manteniamo la volontà di andare avanti» è la posizione confermata anche ieri da Abertis, che comunque avverte: «Non vogliamo entrare in polemica». La notizia di un imminente incontro con il presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, diffusa da un sito in lingua spagnola, è stata smentita dalla società di Barcellona, che ha comunque sottolineato di «essere sempre disponibile». Dal versante italiano, nessuna dichiarazione da parte della società presieduta da Gian Maria Gros-Pietro: ha «parlato» invece la Borsa, penalizzando con un secco meno 2,74% il titolo, giunto durante la seduta a perdite ben più ampie. La situazione è confusa, ma gli operatori escludono un braccio di ferro tra l’attuale proprietà di Autostrade (che fa capo alla famiglia Benetton) e il governo. Un interrogativo che ha un peso rilevante sull’andamento del titolo è anche il destino di quel superdividendo che era stato deliberato nell’intento esplicito di equiparare i valori delle società in oggetto di fusione (con l’intento implicito di girare liquidità agli attuali azionisti). È presto comunque per pensare a possibili alternative finanziarie; la Cassa depositi e prestiti ieri ha smentito di essere stata contattata in merito.
Ieri il ministro delle Infrastrutture, Antonio Di Pietro, si è sentito in dovere di ribadire, con una nota, che il veto all’operazione non va inteso come un atto di protezionismo, e cioè come una barriera a capitale straniero, ma trova motivazione nel divieto, contenuto nell’atto di privatizzazione, alle società di costruzioni di essere azioniste di Autostrade; sarebbe il caso del gruppo iberico Acs, che conterebbe per il 12,5% nel nuovo gruppo. Motivazione fortemente contestata da varie parti (che indicano oltretutto precedenti diversi), e che il Wall Street Journal considera letteralmente «spazzatura».

Lo stesso amministratore delegato di Abertis, Salvador Alemany, con spirito da giocatore di schacchi, tenta di inchiodare con la logica il governo italiano: «Non credo che Prodi si opporrà alla fusione - ha detto - a meno che non voglia contraddire le posizioni che ha sostenuto da presidente della Commissione europea».

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