Michele Anselmi
da Venezia
Pupi Avati è tranquillo. Mentre fuori viene giù uniradiddio di pioggia, lui scandisce: «Non saranno due buuu a rovinarmi il sonno. Dalle persone che stimo sono arrivati segnali positivi. Mi basta. Con tutto il rispetto per i vostri colleghi, a 67 anni credo di essere in grado di giudicare con una certa obiettività il risultato del mio lavoro». In effetti, allanteprima per la stampa, i «buuu» erano proprio due di numero, subito sopraffatti dagli applausi. Non varrebbe nemmeno la pena di parlarne, se non fosse che, con gli italiani in gara, tutti i cronisti stanno sul chi va là, pronti a interpretare ogni più impercettibile segnale di dissenso.
Cera molta attesa per La seconda notte di nozze. Perché Avati, pur dotato di una sua inconfondibile poetica, non gode generalmente delle simpatie dei festivalieri snob; e perché la presenza di Katia Ricciarelli, in un ruolo principale, aveva autorizzato qualche diffidenza. Su entrambi i fronti il cineasta bolognese sembra aver vinto. E intanto, in attesa che il film esca a novembre, sta già preparando La cena per farli conoscere, starring Vanessa Incontrada, Inés Sastre, Violante Placido e Diego Abatantuono. Instancabile.
Dice, riferendosi al sodalizio col fratello produttore Antonio: «Il segreto della nostra sopravvivenza artistica? Non abbiamo mai avuto un successo straordinario. Non dovendo piacere per forza a milioni di spettatori, abbiamo potuto praticare con una certa libertà il nostro cinema, senza vivere di rendita, con lunica preoccupazione di non deludere chi ci segue e ci ama». Ecco il segreto: numeri piccoli. Il che significa anche budget contenuti, quindi redditizi sul piano dei ritorni economici. «Se un film costa otto milioni di euro e ne incassa due che successo è? Con noi non accade mai», sorride.
Accanto a lui ci sono Katia Ricciarelli, Antonio Albanese e Neri Marcorè, protagonisti di questa bizzarra storia che si srotola tra Bologna e Torre Canne, giù in Puglia, nellestate del 1945, subito dopo la fine della guerra. Come sempre in Avati, rifrangenze autobiografiche ispessiscono il racconto: sicché cè il ricordo dellamata madre nella non più giovane ma ancora piacente vedova, Liliana, che viaggia alla volta della Puglia, insieme al figlio scapestrato Nino, nel tentativo di sfuggire alla fame e agli stenti. Lì ritroverà il fratello del marito, Giordano, un omone buono e un po svitato, che vive in una bella masseria insieme alle due vecchie zie: lui, colpito «da certe malinconie che i medici non hanno saputo curare», smina i campi, perché non muoiano più bambini.
«Auguro a tutti un leggero esaurimento nervoso. Fa bene, di solito se ne esce migliori, più pronti a scavare dentro se stessi, a riconoscere le cose importanti», teorizza Albanese. Ingrassato quindici chili per la parte (li ha già ripersi), linventore di Alex Drastico è volato qui al Lido tra una prova e laltra del suo nuovo spettacolo, Psicoparty, che debutta il 12 ottobre a Fabriano e poi girerà in tutta lItalia. «Per interpretare Giordano ho ripensato agli anni in cui lavoravo in un centro di psicopatologia infantile, al Roncati di Bologna. Sapete, nella follia cè una tale alternanza di sguardi... È come guardare un cartone animato». Del personaggio, ama il candore lucido, lonestà totale, la generosità indifesa. «Lapparizione della donna che ha sempre amato lo sconvolge e riattiva in lui un sentimento forte. Per amore è pronto a sacrificare il suo patrimonio. Chi lo farebbe oggi? Si sta perdendo il coraggio di essere buoni, vedo e sento in giro una strana rassegnazione».
Di sicuro non è rassegnata Katia Ricciarelli, reduce dalla rottura con lo Sferisterio di Macerata. Nellaccettare la sfida professionale sapeva di correre qualche rischio, ma ne è valsa la pena. Sullo schermo senza trucco, con abiti lisi e scarpe vecchie, la cantante rende credibile, a tratti toccante, la sua Liliana in cerca di un po di pace. «Quando Pupi mi chiamò, non sapevo che fare.
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