Carlà di sicuro non la pagherà. Diventata cittadina francese, la Bruni non è toccata dalla nuova imposta fortemente voluta dal marito Nicholas Sarkozy. Tutti gli altri italiani che hanno comprato casa in Francia, invece, devono prepararsi a fare una chiamata al commercialista: dal 2012 per loro c’è un tassa in più. Ad approvarla è stato nei giorni scorsi il Parlamento di Parigi, che ha dato via libera alle linee guida del provvedimento elaborato dal governo. I cittadini di altre nazionalità (e i francesi non residenti) che hanno una seconda casa nell’Esagono dovranno pagare la nuova «imposizione sulle residenze secondarie degli stranieri», pari al 20% del valore catastale dell’immobile.
L’imposta è una brillante trovata dei tecnici del ministero delle finanze che hanno così risolto un problema: consentire a Sarkozy di mantenere le promesse elettorali (diminuendo per esempio la portata dell’impôt de solidarité sur la fortune, una tassa patrimoniale che grava sulle grandi ricchezze), senza scontentare nessun gruppo sociale e senza far impennare il deficit.
L’uovo di Colombo fiscale dei grandi commis parigini farà scontenti soprattutto gli inglesi e, per l’appunto, gli italiani. Delle 360mila case possedute da stranieri nel Paese poco meno della metà sono di britannici, che hanno colonizzato intere regioni. Al secondo posto ci siamo noi, che negli ultimi anni dovremmo aver definitivamente staccato i tedeschi. Nei primi anni del 2000, secondo Scenari Immobiliari, società di consulenza del settore, comprare una casa in Francia era diventata una scelta diffusissima: fino a un italiano su tre che acquistava immobili all’estero sceglieva la douce France. Oggi la percentuale è scesa (in questo momento a fare boom sono gli acquisti negli Stati Uniti, favoriti dal crollo dei prezzi e dal dollaro basso), ma si calcola che i proprietari italiani non siano lontani da quota 100mila. Secondo alcune stime, in città come Parigi i «ritals» o «macaronis» (termini non esattamente complimentosi che ci definiscono Oltralpe) siano ancora i primi acquirenti non francesi, mentre ville a appartamenti con bandiera italiana in Costa Azzurra sono quasi 25mila. L’ultima ondata poi riguarda le località sciistiche come Chamonix, Tigne e Megève, dove di recente il numero degli emuli di Alberto Tomba si è moltiplicato.
In sè la nuova imposta non raggiungerà importi elevatissimi: fatta salva la variabilità dei valori catastali (ampia a Parigi e dintorni esattamente come qui da noi) per un’abitazione dal valore commerciale di 300mila euro l’ammontare non dovrebbe essere superiore ai 200 euro annui. Da notare però che la cifra si aggiunge alle altre due imposte già in vigore per gli immobili: la taxe foncière (imposta fondiaria) e la taxe d’habitation. E proprio per questo aggravio che solo gli stranieri dovranno sopportare (compresi quelli comunitari) c’è chi sta già iniziando a valutare la compatibilità del provvedimento con le leggi dell’Unione Europea. Ma a quanto pare l’ultima preoccupazione del Fisco francese, a caccia di nuove entrate, è stata quella di salvaguardare la parità di trattamento tra i cittadini della Ue. Delle conseguenze, secondo gli esperti, ci saranno anche per il mercato immobiliare. Qualche agenzia ha già allertato i propri clienti francesi a caccia di buone occasioni: potrebbe essere il momento giusto per approfittare del desiderio di molti stranieri di vendere di fronte a una sorta di sopruso nazionalista consumato con l’arma fiscale.
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