Aviaria in Umbria, il virus risale la penisola

Manila Alfano

da Milano

La febbre dei polli viaggia veloce. Risale l'Italia da sud a nord, regione per regione. Si aggiornano le stime di giorno in giorno: agli 8 casi di H5N1 registrati nei giorni scorsi - otto volatili morti tra Sicilia, Puglia e Calabria - due giorni fa si sono aggiunti 4 cigni, un gallo sultano e una poiana in Sicilia e un altro cigno in Puglia. L’ultima tappa, per ora, è l’Umbria: il germano reale trovato morto qualche giorno fa aveva l'aviaria. Sono scattate subito le misure di controllo. «Siamo sereni e la situazione non ci allarma», ha detto la presidente della Regione Umbria dopo la notizia. Tutti gli allevamenti rurali sono stati visitati dagli uomini delle Asl. Si è deciso di monitorare anche i laghi circostanti, le oasi, le zone umide e i corsi d'acqua, soprattutto per quanto riguarda la fauna selvatica morente o morta. «Sapevamo che poteva succedere», ammette la Lorenzetti, «ma non bisogna fare assolutamente confusione con quanto riguarda la carne e gli altri prodotti destinati al consumo. Occorre evitare allarmismi del tutto inutili per polli e uova». Il rischio per l’uomo e le città anche questa volta non c’è. Ma il numero di volatili «contaminati» e uccisi in Italia dal morbo sale a sedici. «Non più solo cigni, il virus si sta espandendo», fa notare il centro di riferimento di Padova dove sono stati eseguiti i test. «Ciò significa che il virus sta circolando nei volatili selvatici, ma finora non è stato riscontrato in nessuna specie domestica». «Molto probabilmente - assicurano gli esperti - questi animali hanno contratto il virus dell'influenza aviaria fuori dall'Italia».
Mauro Delogu, virologo dell'Università di Bologna, spiega: «Se gli uccelli selvatici avessero contratto il virus in Italia, ad esempio nelle oasi in cui sostano a lungo, la mortalità di specie selvatiche sarebbe stata molto evidente». A Catania sono in corso esami su una scimmia che vive nel Centro di recupero fauna selvatica di Catania. L’animale era entrato in contatto con i primi cigni infetti portati lì dopo il ritrovamento.
In Italia il virus ha fatto danni soprattutto economici. Ed è proprio il rischio psicosi che ora preoccupa maggiormente. Allarmanti le previsioni della Confederazione italiana agricoltori che avverte: «Rischia di sparire in una settimana il settore avicolo. Senza interventi concreti e una ripresa dei consumi, migliaia di allevamenti, soprattutto rurali e biologici, chiuderanno i battenti. L'Ue intervenga come per la “mucca pazza”». Oggi a Bruxelles i ministri dell'Agricoltura dei 25 Paesi dell'Ue si riuniranno per fare il punto della situazione.

Sul tavolo la richiesta alla Commissione Ue, che arriva in particolare da Italia e Grecia, di decretare lo stato di emergenza per la produzione avicola, in modo da sbloccare risorse economiche destinate al sostegno degli allevatori. Il ministro Alemanno chiederà di sbloccare almeno 100 milioni. Il virus dei polli sta decimando gli affari di chi i polli li alleva.

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