Quello che più suona come una beffa per Silvio Berlusconi e che ha deviato il corso della storia politica dItalia? Il processo per le tangenti alla Guardia di Finanza. Non per il suo finale, a ottobre del 2001, con lassoluzione del Cavaliere in Cassazione per la «sostanziale carenza di prove idonee», anzi per la mancanza di «prove dirette, né orali né documentali» a suo carico. Ma per il suo inizio, novembre del 1994, summit internazionale a Napoli di un Silvio Berlusconi premier per la prima volta e da soli otto mesi. Un missile, lavviso di garanzia della procura di Milano notificato a mezzo stampa per le presunte mazzette del Biscione alle Fiamme gialle. Un missile per il premier e per lItalia, visto il G8 in corso. Poco dopo, non solo per il ciclone giudiziario ma di sicuro anche per quello, il crollo del governo. E scusate se è poco.
Opposizione e magistrati gridano allo scandalo di fronte alla richiesta del premier di istituire una commissione dinchiesta sulle toghe, o più precisamente, così ha detto il presidente del Consiglio, su «quei magistrati che ci tengono sotto scopa». Dice no il Pd, dice no Idv, dice no - ça va sans dire il Fli dei Bocchino e dei Granata. E dice no il sindacato delle toghe. Così ieri il presidente dellAnm, Luca Palamara: «Mettere in maniera così violenta in discussione una funzione dello Stato avverte rischia veramente di sovvertire quelli che sono gli equilibri». Giusto. In teoria. Ma che fare quando i casi di giustizia a orologeria che entra a gamba tesa nella politica si moltiplicano, come accade in Italia? E quando la controparte in toga sembra dimenticare il suo ruolo istituzionale?
Leggete qui: «La prescrizione sarebbe una soluzione perdonistica anomala che lascerebbe troppi dubbi su un personaggio come Silvio Berlusconi in un momento in cui entrava in politica». Così parlò, in aula di giustizia, nel 2007, Fabio De Pasquale, il pm citato in questi giorni dal premier come esempio di partigianeria contro di lui perché «inventore», nel processo Mills, della «corruzione susseguente in atti giudiziari», alias della corruzione che scatta non quando materialmente il denaro passa dal corruttore al corrotto ma nel momento in cui il presunto corrotto comincia a spenderlo. Escamotage strategico, nel caso specifico, perché inchioda il Cavaliere, visto che in questo modo, sino a dicembre del 2010, laccusa non cade per prescrizione. Lecito o no ritenere, come fa Berlusconi, di essere preso di mira? Lecito o no chiedere, su questi fatti, che sono politici, un accertamento politico come linchiesta parlamentare? Lecito o no «pensar male» ?
«A pensar male si fa peccato ma di solito sazzecca», diceva Giulio Andreotti, fatto fuori per via giudiziaria nel 93, con il celebre avviso di garanzia per mafia notificato dalla procura di Palermo fresca di arrivo di Gian Carlo Caselli. Era nel pieno dellattività politica, il «divo» Giulio, allepoca. E invece, da certe toghe, arrivò per lui il disco rosso. Anni di accuse, di processi, di amarezze. Il disco tornò verde, per il sette volte presidente del Consiglio, solo undici anni dopo, nel 2004, con lassoluzione in Cassazione. Troppo tardi per restare in prima fila.
Sempre in casa ex Dc. Di anni ne ha dovuti aspettare ben 16, per ritornare a quella politica cui laveva strappato lavviso di garanzia prima e larresto dopo, lex ministro Calogero Mannino. Sulla graticola dal 1994, è stato assolto definitivamente a gennaio 2010. E solo adesso è tornato in campo, a parlare anche in tv di politica e non più dei suoi processi.
«A pensar male si fa peccato», diceva Andreotti. E il premier, vista la sua collezione personale di vicissitudini giudiziarie, qualche ragione di «pensar male» ce lha. Prendiamo il processo Sme. Ricordate? Era il 95, le dichiarazioni della «teste Omega», al secolo Stefania Ariosto, impazzavano su tutti i giornali. Schizzi di fango, polemiche, accuse. Archiviate in cinque minuti cinque, a gennaio del 2008: tanto durò la camera di consiglio con cui i giudici del Tribunale di Milano decisero che laccusa di falso in bilancio a carico di Berlusconi andava accantonata, sentenza poi confermata dalla Cassazione. Stesso copione per All Iberian, per le già citate tangenti delle Fiamme gialle, per il processo per i diritti televisivi.
E non finisce qui. Sì, perché oltre ai processi in corso ci sono pure quelli che si vorrebbero mettere in gestazione. Sono periodici i boatos, specie sullasse Palermo-Firenze, che vorrebbero il premier sotto accusa per stragismo mafioso, complici le dichiarazioni del pentito flop del processo DellUtri, quel Gaspare Spatuzza che per avere parlato a orologeria e non entro i termini previsti dalla norma non ha avuto concesso il programma di protezione. E poi ci sono anche le «varie ed eventuali» della macchina giudiziaria anti-Cav, che a raccogliere a strascico chissà mai che non si becchi comunque qualcosa. Marzo 2010, appena qualche mese fa. È appena esploso il cosiddetto caso Agcom-Annozero, linchiesta sulle presunte pressioni (mai andate in porto) per oscurare la trasmissione di Michele Santoro. Naturalmente tra gli indagati cè il premier. Ma è il perché quello che inquieta: perché la base su cui si fonda lindagine sono un centinaio di intercettazioni.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.