I generali scalpitano, il governo temporeggia. Ma mentre i carri armati restano parcheggiati, allentrata nord di Gaza la tensione aumenta. Ora sul piatto non ci sono solo i 19 anni anni del caporale Gilad Shalit, ma anche la vita del 18enne Eliyahu Asheri, un figlio di coloni scomparso domenica dallinsediamento cisgiordano di Itamar, non lontano dalla città palestinese di Nablus. Il suo sequestro, rivendicato e poi smentito, ricorda quello del caporale Shalit. La differenza è che stavolta il morto potrebbe esserci per davvero. Un cadavere, apparentemente israeliano, trovato ieri sera a Ramallah potrebbe essere proprio quello del giovane Eliyahu.
Israele al caso avrebbe un altro conto da regolare. Il problema non è il come, ma il quando. I tempi dipendono tutti dalla capacità dellintelligence di scovare il luogo di detenzione del caporale Shalit. Secondo i servizi di sicurezza, lostaggio è ancora nel sud di Gaza, anche se lindividuazione della prigione resta assai difficile. I rapitori potrebbero aver consegnato il militare a pochi e fidati guardiani nascosti in una tana scavata nel sottosuolo. Così consigliava un messaggio sequestrato qualche tempo fa ad un gruppo di prigionieri in cui si chiedeva il rapimento di alcuni militari per ottenere la propria liberazione. Così fa intendere il portavoce dei comitati Popolari, Mohammed Abdel al Said, quando riferisce che «il soldato è tenuto in un posto irraggiungibile per i sionisti».
Mentre i generali fanno capire di esser pronti a ripulire Gaza, i ministri del governo israeliano continuano a minacciare leliminazione di tutta la classe dirigente di Hamas. «Devono capire che nessuno può considerarsi al sicuro», ripeteva ieri lex generale ed ex ministro della difesa Benjamin Ben Eliezer, oggi ministro delle Infrastrutture.
Davanti alle minacce e ai carri armati israeliani, i portavoce dei gruppi armati palestinesi rispondono con la consueta propaganda. «Il nemico si pentirà di esser entrato a Gaza e capirà di dover pagare un prezzo assai pesante». Sul versante israeliano affiorano anche segnali di una disponibilità a risolvere la questione in maniera diplomatica. «Siamo sulla cima della montagna, ma se i palestinesi fanno le scelte giuste e agiscono responsabilmente la crisi può anche ridimensionarsi».
Il problema vero sembra la determinazione della dirigenza in esilio di Hamas e del suo capo supremo, Khaled Meshaal, a ottenere una contropartita valida in cambio del rilascio del caporale.
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