Gli avvocati del premier: violata ogni norma «Con una scusa la Procura spiava Berlusconi»

MilanoNove ore di udienza quasi filate, e siamo solo all’inizio: è una barricata di eccezioni preliminari quella che i difensori di Silvio Berlusconi hanno iniziato ad alzare ieri davanti al tribunale che deve giudicare il presidente del consiglio per i reati di concussione e utilizzo della prostituzione minorile. «Affronteremo sedici punti», annunciano ieri Niccolò Ghedini e Paolo Longo nell’aula del processo per il Rubygate, sedici questioni preliminari ma una sola tesi di fondo: secondo i due legali, per portare il Cavaliere sul banco degli imputati la Procura milanese ha violato ogni sorta di norma, calpestando i diritti di capo del governo e di parlamentare di Silvio Berlusconi. Per questo, chiedono Ghedini e Longo, il processo si deve inabissare prima ancora di cominciare.


Dicono: Berlusconi non può essere processato per concussione da questo tribunale, perché la telefonata alla questura di Milano con cui chiese e ottenne il rilascio di «Ruby» è faccenda da tribunale dei ministri; il premier non poteva neanche essere rinviato a giudizio, perché la Camera aveva già stabilito che le accuse riguardavano reati commessi nell’esercizio delle sue funzioni; per il medesimo reato il tribunale di Milano non è nemmeno competente territorialmente, perché la telefonata incriminata partì dalla Francia, dove il premier si trovava, e arrivò a casa del funzionario di polizia Pietro Ostuni che abita a Sesto San Giovanni, sotto la giurisdizione di Monza. E poi ancora: le intercettazioni su cui si basa la richiesta di rinvio a giudizio sono nulle, perché con la scusa di ascoltare le ragazze la Procura in realtà spiava Berlusconi. Si prosegue lunedì 6.

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