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Aziende in gara per le star a gettone

Da Michael Jordan a George Clooney e Jennifer Lopez. Ormai è di moda chiamare i Vip a far parte dei consigli di amministrazione. La "governance" non ci guadagna, il fatturato sì. Il caso del portavoce del Papa con la Geox

Aziende in gara per le star a gettone

Milano - Vent'anni fa ha strappato l'orologeria svizzera al declino con qualche pezzo di plastica colorata e tanta pubblicità. A 79 anni «in punto» il papà degli Swatch, Nicolas Hayek, vuole togliersi un capriccio più grandioso: salvare il mondo intero.

Ieri l’insidioso nemico era l’invasione degli orologi giapponesi al quarzo che costavano poco e solleticavano la pigrizia di chi non subisce il fascino delle lancette. All’epoca i catastrofisti di turno, in sella a Honda e Kawasaki, giuravano che la tecnologia del Sol Levante avrebbe spazzato via le economie occidentali. Andò diversamente. Mal'imprenditore svizzero ne ha tratto una lezione intramontabile: dietro a ogni emergenza planetaria può nascondersi un copioso fatturato.

Così oggi ha lanciato la sua sfida al riscaldamento globale, nuova catastrofe prossima ventura. Con la stessa tecnica collaudata allora: volgere una minaccia in opportunità. Innanzitutto per le proprie tasche. Ci aveva già provato ideando una piccola auto super accessoriata e super ecologica. Rimasero solo gli accessori e venne fuori la Smart. Ora Hayek si prepara a lanciare una società che si occuperà solo di energia pulita. Il nome è da decidere, i prodotti pure (pare motori a idrogeno), ma l'impatto mediatico è già assicurato: Hayek ha cooptato nel consiglio d'amministrazione George Clooney, già uomo immagine del marchio Omega.

Il bel George di economia non capirà granché, ma la notizia ha già fatto il giro del mondo. La mossa di Hayek del resto è tutt'altro che isolata nella finanza mondiale. Il motto è sempre lo stesso: aggiungi un posto a tavola per un Vip nel cda. Richiestissime le star sportive in pensione. Facce spendibilissime, aura da eroi, impatto pubblicitario garantito al limone.

In America fanno scuola i casi di Michael Jordan e Dan Marino, infilati nei «board of directors» di Upper Deck l'uno e Mounted Memories. Società che vendono in tutto il mondo merchandising e memorabilia che va a ruba soprattutto tra gli adolescenti, cioè i più sensibili al fascino dei campioni dello sport. Cosa c’entrano la governance e i diritti degli azionisti? Ben poco. Ma il fatturato che corre sopisce ogni dubbio di etica finanziaria. Diverso il caso di Bono Vox che, già che si stava impegnando per la cancellazione del debito del Terzo mondo ha pensato bene di creare un po' di credito per sé. Il cantante è entrato addirittura in un fondo di investimento, «Elevation Partners», che investe in vari settori, compresi i telefonini. Ma il suo ruolo è ben più attivo di quello di Clooney.

E in Italia? Sfogliando il «calepino», la bibbia della Borsa editata da Mediobanca, non compaiono nomi noti nei consigli delle società quotate. Eppure qualche timido tentativo è stato fatto. Qualche anno fa la Lazio cavalcò l'effetto media e l'affetto dei tifosi chiamando il beniamino Alessandro Nesta a sedere nel Cda della società quotata. La pubblicità positiva non evitò i guai finanziari e la cessione del calciatore. Non andò meglio al comico Renato Pozzetto, chiamato a fare il vicepresidente di Hdc, società di comunicazione politica e sondaggi, naufragata nel mar del fallimento.

Più recente è il caso di Juan Navarro-Valls, il suadente ed eclettico portavoce della Santa Sede all’epoca di Giovanni Paolo II.

Il medico e giornalista spagnolo, già quando lavorava per il quotidiano di Madrid Abc, aveva talmente conquistato la fiducia dei colleghi da essere nominato nel Cda della società editrice. L’esperienza stava per ripetersi tre anni fa,mastavolta per Geox. Alla fine non se ne fece nulla, e Navarro-Valls ripiegò su un terreno più favorevole, entrando nel «comitato etico» della «scarpa che respira».

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