Nuova defezione di soci storici dal patto di consultazione di Mediobanca attorno a cui sono riuniti gli azionisti che tradizionalmente sostengono il management. Dopo 23 anni lascia la famiglia Angelini, cui fa capo l’omonimo gruppo farmaceutico: era entrata in Mediobanca nel 2001 e ha venduto ai blocchi il suo 0,47% del capitale. La quota, tramite intermediari, è stata rilevata da Plt Holding, società riconducibile alla famiglia Tortora attiva nel settore delle energie rinnovabili. Nel patto, che ha subito aperto ai Tortora, è entrata anche Valsabbia Investimenti, gruppo siderurgico controllato dalle famiglie Brunori, Cerqui e Oliva, che con il suo 0,14% porta al 10,98% la partecipazione complessiva gestita nell’ambito dell’accordo. Appare evidente che si tratta di manovre di posizionamento, sia in entrata che in uscita, in vista degli effetti che il Ddl Capitali produrrà nell’ambito delle governance di società dove la “lista del cda“ rappresenta un elemento divisivo a causa dell’eccesso di potere del management. Come è appunto il caso di Mediobanca, guidata da Alberto Nagel.
Intanto, proprio sui temi di cui si occupa il Ddl Capitali ieri è intervenuto il presidente di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro. «In Intesa - ha detto il banchiere - abbiamo una governance molto solida, le scelte vengono fatte dagli azionisti che si dividono in due categorie: quelli stabili, che sono le fondazioni, che presentano una loro lista e gli altri, che sono sostanzialmente gli investitori istituzionali, che presentano un’altra lista. Gli investitori istituzionali hanno circa il 60% del capitale, le fondazioni non arrivano al 18%, però poi la lista presentata dalle fondazioni è la più votata e i due indicati personalmente, cioè il presidente e il vice presidente, prendono il 96% dei voti. «Questo la dice lunga - ha proseguito Gros-Pietro - sul fatto che la governance funziona e che gli investitori istituzionali apprezzano le scelte fatte dagli azionisti stabili, cioè dalle Fondazioni». E ancora: «Secondo me è l’equilibrio migliore, non c’è autoreferenzialità perché le scelte le fanno gli azionisti, ci sono azionisti stabili che si fanno apprezzare anche dagli altri e in un momento storico in cui si parla tanto di Esg, cioè di non limitarsi a massimizzare il profitto corrente ma di guardare alla sostenibilità futura, quegli azionisti stabili sono importanti e il fatto che le loro scelte siano condivise dagli altri vuol dire che la governance fino adesso è andata benissimo».
Dichiarazioni, quelle del presidente di Intesa, che arrivano a dispetto di quanti affermano che la formulazione definitiva del Ddl Capitali non sia funzionale alla migliore governance societaria.
«Si pensa che i grandi gruppi spostino all’estero la loro sede giudica per pagare meno tasse», aggiunge infine il banchiere, «ma non è così perché la sede fiscale rimane in Italia. Si spostano in altri sistemi giuridici che sono più moderni e più facilmente gestibili, veloci e amichevoli, l'Italia deve seguire questo esempio».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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