La cinese Chery pronta a farsi la fabbrica in Italia

Vertice con Urso sulla produzione di auto, poi l’asse con i concessionari. Intanto a Melfi cresce l’allarme

La cinese Chery pronta a farsi la fabbrica in Italia
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Grandi manovre in Italia sull’auto cinese. Come anticipato dal Giornale, il numero uno di Chery, Yin Tongyue, ha fatto tappa nel nostro Paese dove ha incontrato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. Al centro del contatto diretto, che sarebbe avvenuto a Milano, la possibilità che il colosso di Wuhu, nella provincia di Anhui, apra uno stabilimento in Italia. Sono tre i marchi, specializzati nella produzione di Suv, sui quali Chery punta per l’Europa: Omoda, Jaecoo ed Exlantis. I primi due con un’offerta mista, tra elettrico e ibrido, il terzo solo con alimentazioni a batteria. Massimo riserbo sull’esito del colloquio tra Urso e il presidente di Chery, ma è immaginabile che il ministro abbia incentrato il suo discorso sulle agevolazioni che il governo metterebbe sul tavolo in cambio di un impegno produttivo nel nostro Paese.

In parallelo a Chery, e nonostante le recenti smentite da Pechino, sempre il ministero delle Imprese e del Made in Italy continua a discutere con i vertici di Dongfeng, altro gruppo in cerca di sbocchi in Europa, tra l’altro ancora azionista con una quota minima di Stellantis.

Appuntamento ufficiale della missione europea di Chery era la firma, presente in questo caso il vicepresidente esecutivo Zhang Guibing, dell’accordo con la società spagnola Ebro-Ev Motors per la produzione di 50mila veicoli nel 2027 e 150mila nel 2029 presso gli ex impianti Nissan nella zona franca di Barcellona. L’iniziativa darà lavoro a circa 1.250 persone per un investimento pubblico-privato di 400 milioni. A Chery, però, servirebbe un secondo stabilimento nel Vecchio continente; da qui il pressing di Palazzo Chigi con il valore aggiunto dell’eccellenza mondiale di cui gode l’indotto tricolore.

Yin Tongyue, oltre a Urso, ha incontrato anche i vertici della neonata società «Diversa», frutto della joint venture siglata dai due big della distribuzione di veicoli in Italia: Autotorino, primo dealer per dimensioni e fatturato, con al vertice Plinio Vanini, e Intergea, primo dealer per vetture vendute, guidato da Alberto Di Tanno. L’accordo prevede la creazione di un grande hub italiano per l’importazione e la distribuzione di veicoli cinesi ibridi ed elettrici, furgoni compresi, di vari gruppi. Chery è tra questi, ma sembra anche Baic, Jac e altri.

A Potenza, intanto, le delegazioni di Fim, Uilm, Fismic e Uglm hanno incontrato il premier Giorgia Meloni a cui hanno ribadito il grido d’allarme sulla necessità di fare presto per rilanciare il settore automotive in Italia e di porre la massima attenzione sull’indotto, a oggi la parte più esposta e con lo spettro concreto di un disastro sociale, in particolare per il polo di Melfi.

Sulla richiesta di un vertice tra il governo e l’ad di Stellantis, Carlos Tavares, Meloni sembrerebbe attendere gli esiti delle interlocuzioni del ministro Urso con i potenziali investitori nel Paese. Tavares, da parte sua, ha più volte giudicato negativamente l’ingresso in Italia di un secondo costruttore, soprattutto se cinese.

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