Investire nel benessere: la nuova leva per la competitività aziendale

Negli ultimi anni il wellbeing aziendale si è trasformato in una leva strategica fondamentale per restare competitivi

Andrea Lippolis, CEO & Founder di Vita Health
Andrea Lippolis, CEO & Founder di Vita Health

Oggi parlare di benessere organizzativo significa parlare anche di competitività. Negli ultimi anni il wellbeing aziendale ha smesso di essere un qualcosa da valutare singolarmente e si è trasformato in una leva strategica fondamentale per restare competitivi. "Migliorare la salute e l’equilibrio psicofisico delle persone non è più un tema soltanto etico o di immagine, ma un vero investimento che produce ritorni tangibili in termini di produttività, coinvolgimento del personale e capacità di retention", spiega Andrea Lippolis, CEO & Founder di Vita Health.

I numeri dell’ultima Indagine Confindustria sul lavoro 2025 parlano chiaro: oltre la metà delle imprese associate (55,3%) ha già adottato iniziative di welfare per i propri dipendenti, con una diffusione che cresce con la dimensione aziendale fino a superare l’80% nelle realtà più grandi. Nell’industria, la percentuale arriva addirittura all’87,7%. È la dimostrazione che il welfare non è più appannaggio di pochi pionieri, ma sta diventando una pratica consolidata.

Perché? Perché i costi del “non wellbeing” sono ormai evidenti. Secondo i dati appena pubblicati da Confindustria e Deloitte (2024), un’azienda di circa 100 dipendenti perde in media ogni mese €17.150 per assenze da malattia, €21.717 per turnover e addirittura €42.874 per presenteismo. L’indagine mostra che nel 2024 il tasso medio di assenteismo si è attestato al 6,6% delle ore lavorabili, con punte del 7,2% nelle aziende sopra i 100 addetti. La principale causa sono le malattie non professionali, pari al 3,3% delle ore perse, un dato che riflette in modo diretto lo stato di salute e l’equilibrio psicofisico delle persone. A questo si aggiungono fenomeni come turnover e difficoltà di reperimento delle competenze (il 67,8% delle imprese dichiara di non riuscire a trovare i profili necessari). In questo contesto, investire in programmi di wellbeing significa ridurre assenze, stress e rotazione del personale, e quindi proteggere produttività e know-how aziendale.

Un altro aspetto interessante che emerge dall’indagine è la stabilizzazione dello smart working. Nel 2024, il 32,3% delle imprese ha utilizzato lavoro agile, quota quadruplicata rispetto al pre-pandemia. Nelle grandi aziende la percentuale sale al 65,4% dei dipendenti, che lo praticano in media 1-2 giorni a settimana. Questo conferma che la flessibilità organizzativa è ormai strutturale. E se il lavoro da remoto ha aperto la strada a un migliore equilibrio vita-lavoro, la sfida ora è accompagnarlo con strumenti concreti che promuovano alimentazione equilibrata, movimento e gestione dello stress, in altre parole, un approccio integrato al benessere, a cui soluzioni come Vita Health rispondono offrendo percorsi concreti e personalizzati per uno stile di vita sano e sostenibile.

Sempre da quanto emerge dall’ Indagine Confindustria, la stessa contrattazione aziendale fotografa un cambiamento culturale: oltre un’impresa su quattro ha siglato un contratto aziendale che regola premi di risultato, orari di lavoro, ma sempre più spesso anche conversioni dei premi in welfare e servizi di conciliazione vita-lavoro. Questo spostamento racconta una realtà, che il benessere è entrato nella governance delle imprese.

"Ritengo- spiega Lippolis - che oggi il wellbeing aziendale non sia più da considerare un costo discrezionale, ma una leva che impatta direttamente sulla sostenibilità economica. Ogni ora di assenza evitata, ogni dipendente trattenuto, ogni giovane talento attratto grazie a politiche di benessere rappresenta un vantaggio competitivo. Ecco perché oggi il corporate wellbeing non va considerato un benefit, ma un’autentica leva strategica di business".

È proprio con questa consapevolezza che Vita Health si propone di accompagnare le aziende nel percorso verso un benessere organizzativo efficace e sostenibile. Attraverso il nostro servizio che integra intelligenza artificiale e supporto di oltre 100 professionisti tra nutrizionisti, medici e personal trainer, le aziende possono offrire ai propri dipendenti percorsi su misura per alimentazione, allenamento e formazione con l’obiettivo di rendere il benessere accessibile, sostenibile e misurabile.

"Il nostro modello ‘pay per active user’, in cui le aziende pagano solo per i dipendenti realmente attivi, ha già convinto oltre 150 imprese, con un tasso medio di attivazione del 43% (più del doppio rispetto alla media di settore, che si ferma al 15-20%)", ha detto Lippolis, "È un approccio che garantisce servizi a costi estremamente competitivi rispetto ai canali tradizionali, rendendo accessibili pacchetti completi di benessere personalizzato anche per realtà aziendali di grandi dimensioni.

Laddove è stato adottato, si sono prodotti risultati concreti e misurabili: l’assenteismo si è ridotto fino al 15%, la produttività è aumentata in media del 7%, mentre i dipendenti riportano +30% di energia, +39% di concentrazione e una riduzione del 24% dello stress. È la prova che il corporate wellbeing non può limitarsi a offrire benefit generici, ma deve diventare un modello integrato, personalizzato e basato sui dati.”

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