
«Incomprensibile e infondata. Hanno travisato i fatti». È scontro durissimo tra Eni e Antitrust dopo la sanzione da 336 milioni annunciata ieri dall'Agcm, conseguente a un procedimento avviato oltre due anni fa. Una decisione che riguarda altre cinque compagnie (Esso, Ip, Q8, Saras e Tamoil) e che l'Eni demolisce senza mezzi termini. Secondo l'accusa, che ha comminato una multa cumulativa di quasi 1 miliardo (936 milioni), i principali operatori petroliferi si sarebbero coordinati per determinare il valore della componente bio inserita nel prezzo del carburante. «Il cartello si legge nella decisione - ha avuto inizio il 1° gennaio 2020 e si è protratto fino al 30 giugno 2023».
Durissima e senza precedenti la reazione del Cane a sei zampe che, in una nota, ha espresso «il più fermo dissenso e la profonda sorpresa per le conclusioni dell'Autorità», che ha ritenuto la società partecipe di una presunta intesa restrittiva «sul costo della componente bio del prezzo del carburante, introdotta dalle compagnie nei carburanti tradizionali per ottemperare agli obblighi normativi». E che peraltro incide solo per pochi
centesimi al litro sul prezzo al consumo del carburante.
Nonostante la «piena collaborazione e la trasparenza assicurata da Eni durante tutto il corso dell'istruttoria», continua la nota, «l'impianto accusatorio dell'Agcm si fonda su una ricostruzione artificiosa che ignora le logiche di funzionamento del mercato e travisa la realtà dei fatti, decontestualizzando comunicazioni legittime legate ai rapporti di fornitura reciproca tra gli operatori». Insomma, l'Agcm guidata da Roberto Rustichelli, in carica dal 2019 quando governava il primo governo grillino guidato da Giuseppe Conte, viene sbattuta senza tanti complimenti sul banco degli imputati. Secondo il gruppo guidato da Claudio Descalzi, l'Autorità «ignora le evidenze emerse nel corso dell'istruttoria, che dimostrano come Eni e gli altri operatori abbiano sempre agito in autonomia e spesso in disallineamento, così come infondate risultano anche le valutazioni riguardo alla pubblicazione dei prezzi sulla stampa di settore, dato che le informazioni relative alla variazione dei prezzi della componente bio erano già note al mercato e, quindi, non in grado di condizionare le dinamiche concorrenziali».
Alla luce della decisione, Eni promette battaglia in ogni sede legale sottolineando un «approccio, purtroppo non nuovo da parte dell'Autorità che rischia di penalizzare ulteriormente gli investimenti industriali italiani nella transizione energetica». Eni chiederà inoltre conto del danno reputazionale.
Sulla stessa linea il gruppo Saras che ha precisato di non condividerne i contenuti della decisione assicurando di aver «prestato piena collaborazione con l'Agcm nel corso del procedimento, illustrando in tale sede le ragioni per cui la tesi accusatoria dell'Autorità è infondata e l'assoluta estraneità di Saras rispetto alla condotta contestata.
La società ribadisce di aver sempre agito nel pieno rispetto della normativa e si riserva di impugnare il provvedimento nelle competenti sedi». Il mercato ha comunque ignorato la notizia e ieri il titolo Eni ha chiuso la seduta a Piazza Affari in rialzo dell'1,5% a 15,35 euro.