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Una nuova rotta per la farmaceutica italiana: industria, territorio e innovazione per vincere la sfida delle cronicità

La farmaceutica italiana affronta la sfida delle malattie croniche tra carenze di medicinali, dipendenza da fornitori esteri e costi produttivi in aumento. Le aziende familiari, come il gruppo I.B.N. Savio, rappresentano un pilastro di continuità e innovazione, investendo in stabilimenti, tecnologie e ricerca

Una nuova rotta per la farmaceutica italiana: industria, territorio e innovazione per vincere la sfida delle cronicità

La crescita delle patologie croniche, l’instabilità delle catene di approvvigionamento globali e l’aumento dei costi energetici e produttivi hanno reso più evidente che mai un concetto spesso dato per scontato: senza una strategia industriale solida, autonoma e lungimirante l’Italia non può garantire continuità terapeutica ai propri cittadini.

Nonostante la farmaceutica rappresenti da anni una delle eccellenze più riconosciute del Made in Italy (56 miliardi di produzione di cui 54 destinati all’estero e 71.000 dipendenti), un settore che genera decine di miliardi di euro di produzione e impiega decine di migliaia di persone, il Paese continua a confrontarsi con episodi ricorrenti di carenza di medicinali, un fenomeno che mette a rischio soprattutto chi necessita di cure continuative.

Cronicità: la grande sfida della nuova longevità italiana

Con il ritorno dell’Italia, nel 2024, tra i Paesi più longevi al mondo, la gestione delle malattie croniche è diventata una delle priorità della sanità pubblica. Oltre il 40% della popolazione convive con almeno una patologia cronica e la percentuale cresce con l’età.

Le terapie di lungo periodo richiedono:

  • continuità di fornitura,
  • elevata qualità produttiva,
  • tecnologie capaci di garantire aderenza,
  • investimenti costanti in nuovi strumenti e formulazioni.

A fronte di una domanda in aumento, la capacità produttiva deve necessariamente ampliarsi e diversificarsi, rendendo strategica la presenza di aziende radicate nel territorio, con stabilimenti moderni e una visione industriale orientata al futuro.

Carenze di farmaci: un problema sistemico, non episodico

Il fenomeno delle carenze farmaceutiche non è più imputabile a singoli incidenti di percorso. Gli scenari geopolitici, le tensioni sulle rotte commerciali e un aumento dei costi stimato attorno al 30% rispetto al 2021 hanno reso più fragile l’intero sistema. Allo stesso tempo, molti prezzi dei farmaci rimangono bloccati o poco flessibili per via dei processi negoziali, comprimendo ulteriormente la sostenibilità industriale. In questo quadro, diventa evidente come il potenziamento degli impianti produttivi presenti in Italia non sia solo un obiettivo economico, ma un presidio di salute pubblica.

Il ruolo decisivo delle aziende italiane e familiari

Un pilastro poco celebrato ma fondamentale dell'ecosistema farmaceutico italiano è rappresentato dalle aziende a capitale nazionale, spesso familiari, che costituiscono il vero zoccolo duro della produzione domestica. Queste realtà, pur non avendo le dimensioni dei grandi gruppi multinazionali, mantengono sul territorio competenze, tecnologie, occupazione e una cultura industriale di lungo periodo.

Tra queste spiccano le FAB13, tredici gruppi italiani storici che da soli impiegano oltre un quinto della forza lavoro dell’intero settore e controllano quasi trenta siti produttivi distribuiti nel Paese. Queste aziende sono spesso quelle che garantiscono la continuità produttiva dei farmaci essenziali, in particolare quelli destinati a pazienti cronici, e rappresentano un autentico baluardo contro le carenze.

Il caso di un’azienda italiana che ha fatto della lotta alle cronicità la propria missione

Tra le realtà che incarnano questa filosofia industriale figura il gruppo I.B.N. Savio, azienda totalmente italiana e con una governance familiare che da oltre quarant’anni investe nella ricerca e nello sviluppo di terapie per patologie come il diabete, le malattie metaboliche e le patologie dell’osso (c.a. 10 anni fa il Gruppo ha reso disponibile una metformina a lento rilascio che riduce gli effetti indesiderati della metformina tradizionale migliorando l’aderenza alla terapia).

La storia recente del gruppo è un esempio concreto di come visione industriale e responsabilità territoriale possano andare di pari passo. Nel 2015 l’azienda ha rilevato uno stabilimento produttivo di Pavia dalla multinazionale Merck Sharp & Dhome che lo stava dismettendo. Ciò che poteva trasformarsi nell’ennesima perdita di capacità produttiva per il Paese è diventato, al contrario, un motore industriale oggi centrale nella produzione di farmaci destinati alle cronicità.

In meno di dieci anni lo stabilimento ha vissuto una trasformazione profonda: il numero dei dipendenti è più che raddoppiato, la capacità produttiva è cresciuta fino a raggiungere oltre un miliardo di unità all’anno ed è stata creata una nuova linea produttiva di liquidi orali (c.a. 200 milioni di blister e 20 milioni di flaconi). Grazie a questo percorso di crescita, il sito di Pavia arriverà nel 2025 a realizzare circa 25 milioni di confezioni, delle quali il 70% resterà sul mercato italiano, offrendo così un contributo concreto nel ridurre la dipendenza dalle importazioni. A tutto questo si aggiungono accordi internazionali, che garantiranno un ulteriore incremento del 40% della produzione, e l'apertura di un nuovo reparto, che sarà operativo entro la fine del 2026.

Sostenibilità industriale: la nuova frontiera della sicurezza terapeutica

La famiglia Stefanelli, alla guida del gruppo, sottolinea un aspetto centrale che spesso sfugge al dibattito pubblico: senza sostenibilità economica delle produzioni, non può esistere sicurezza terapeutica. “Il nostro obiettivo è continuare ad investire in innovazione e occupazione qualificata, contribuendo ad una catena del valore completa e indipendente” dichiarano Emilio e Monica Stefanelli, soci di riferimento attivi nel Gruppo SAVIO.Per garantire la disponibilità di farmaci la cui domanda è in continua crescita, come quelli riguardanti le patologie croniche, è necessario aumentare la produzione interna degli attivi, per i quali l’Italia dipende da Cina e India, e rafforzare le produzioni esistenti, tenendo conto dell’incremento ormai strutturale dei costi produttivi, che non dipende solo dall’aumento del costo della materia prima ma da numerosi altri elementi, primo fra tutti il costo dell’energia

Il tema non riguarda soltanto il prezzo delle materie prime, che in gran parte arrivano ancora da Paesi extra europei (Cina, India…), ma coinvolge un insieme molto più ampio di elementi strutturali: l’aumento dei costi energetici, una logistica diventata sempre più onerosa, la necessità di investire con continuità in nuove tecnologie e in sistemi di controllo qualità più sofisticati, fino all’obbligo di adeguare gli impianti a normative e standard regolatori sempre più stringenti.

In questo contesto, per assicurare la continuità di fornitura dei farmaci destinati alle patologie croniche diventa fondamentale riportare nel Paese almeno una parte della produzione degli ingredienti attivi e, allo stesso tempo, consolidare e potenziare le strutture produttive già presenti. È una strategia che non può essere improvvisata: richiede visione, investimenti mirati e un forte coordinamento tra industria e istituzioni.

Un patrimonio da proteggere per il futuro del Paese

In un momento storico in cui l’“autonomia strategica” è tornata a essere una priorità per l’Europa, la filiera farmaceutica italiana mostra di avere già oggi molti degli elementi necessari per sostenerla. Il Paese può contare su imprese fortemente radicate nei territori in cui operano, su un patrimonio di competenze sviluppato nel corso dei decenni e su una capacità produttiva che continua a crescere anno dopo anno. A questo si aggiungono investimenti costanti in innovazione e una solida tradizione imprenditoriale familiare, capace di guardare al futuro con senso di responsabilità e visione di lungo periodo.

Per vincere la battaglia contro le cronicità e garantire stabilità ai cittadini è indispensabile sostenere e valorizzare questo patrimonio industriale. Le aziende italiane non rappresentano soltanto una parte rilevante della produzione nazionale, ma costituiscono una garanzia di continuità, affidabilità e resilienza.

In un mondo caratterizzato da incertezze geopolitiche e da un fabbisogno crescente di terapie a lungo termine, puntare sulle imprese italiane significa investire nella salute pubblica, nella sicurezza del Paese e nella qualità della vita delle generazioni future.

Dott. Emilio Stefanelli e Monica Stefanelli
Il presidente Dott. Emilio Stefanelli e la General Counsel Monica Stefanelli

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