
La situazione per Il Gigante, storica catena di supermercati della grande distribuzione, è diventata drammatica. Rialto, la società proprietaria del marchio, ha annunciato la chiusura del 10% dei punti vendita e la messa in cassa integrazione di 6-700 dipendenti. Il motivo, spiega il consigliere d'amministrazione Giorgio Panizza, «non è economico, ma nasce da un blocco fisico dei magazzini da parte del Si Cobas, che da un mese impedisce il normale approvvigionamento dei negozi». La protesta, in corso dal 4 settembre, riguarda il deposito logistico di Bascapè, a Pavia, inaugurato solo un anno fa dopo un investimento «di decine di milioni di euro» e l'assunzione di 520 addetti. «Serviamo 70 supermercati tra Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna - racconta Panizza - ma in questi giorni riusciamo a far partire appena 25 o 30 camion al giorno sui 200 previsti. I punti vendita sono vuoti, i dipendenti preoccupati e i clienti senza rifornimenti». Il Si Cobas contesta il mancato rinnovo di alcuni contratti a termine. «Di una decina di loro iscritti l'appaltatore ne ha stabilizzati alcuni ma per due-tre mancati rinnovi, ci viene imposto il blocco totale delle merci», spiega. Panizza parla di una forma di protesta «che non ha nulla a che vedere con il diritto di sciopero che è sacrosanto,
ma qui non si sciopera, tre-quattro persone sconosciute arrivano, tirano una corda e chiudono il cancello e si impedisce a centinaia di persone di lavorare; è un danno deliberato, non una rivendicazione collettiva». Le scene descritte hanno un tono surreale. «Arrivano in due o tre, si mettono davanti al cancello e dicono: da qui non si passa. Finché non intervengono prefettura, Digos e carabinieri, nessuno entra né esce. E magari, se va bene, dopo due ore fanno uscire un camion ogni 40 minuti. Ma se uno dei nostri si arrabbia e li manda al diavolo, allora si ferma tutto per altre tre ore. È inaccettabile», racconta Panizza. «Ci sentiamo abbandonati a noi stessi, arriva una macchina della Digos, osserva, poi se ne va. Noi restiamo bloccati per ore. È come se tutto fosse sospeso, senza regole», sottolinea.
La tensione tra i lavoratori cresce di giorno in giorno. «C'è esasperazione. I nostri dipendenti non sanno più che dire alle famiglie: i negozi restano senza merce e molti temono di perdere il posto. Domani incontreremo i sindacati confederali per comunicare che cominceremo a chiudere i primi punti vendita. È la prima volta in 55 anni di attività che siamo costretti a farlo», afferma Panizza. Il Gigante è una realtà radicata sul territorio, che dà lavoro a 5mila persone. «Non stiamo chiudendo perché il mercato è in crisi, ma perché non ci lasciano lavorare», osserva amareggiato. Le conseguenze economiche sono pesantissime. «Abbiamo perso milioni di euro e buttato via tonnellate di cibo perché non potevamo spedirlo. È una crisi aziendale indotta, non dovuta a errori di gestione, ma se non puoi far uscire
Pochi dati macro e attesa per la nuova stagione degli utili caratterizzeranno la settimana dei mercati ma in Piazza Affari gli occhi sono puntati su venerdì quando l'agenzia di rating S&P si pronuncerà sull'Italia. Se lo shutdown si prolunga, con il blocco parziale delle attività governative non essenziali, i dati macro americani potrebbero non essere pubblicati, aumentando incertezza e volatilità sulle Borse. Intanto l'oro, dopo il picco di 3.896,8 dollari di venerdì, a un soffio dai 3.900 dollari, guarda già a quota 4mila. Quello di di due giorni fa è stato il settimo rialzo settimanale consecutivo. Ai problemi geo-politici legati ai conflitti in corso tra Russia e Ucraina e in Medio Oriente si è aggiunto lo shutdown che potrebbe incoraggiare ulteriori acquisti.
le merci, non puoi sopravvivere», conclude Panizza rivolgendo un appello alle istituzioni: «Non chiediamo favoritismi, chiediamo solo che ci venga garantito il diritto di lavorare».
Non è l'unico caso di eccessiva tolleranza nei confronti di Si Cobas.
In un deposito veneto di una catena di supermercati, un blocco organizzato dal sindacato di base ha paralizzato quotidianamente per ore la distribuzione di prodotti freschi, causando gravi danni economici. Le richieste riguarderebbero il controllo sull'organizzazione interna del lavoro. Il metodo è sempre lo stesso.