La maxi performance del Brasile, il galoppo della divisione Enterprise e la ripresa del mercato domestico spingono i ricavi del gruppo Tim, che chiude l’anno con un fatturato di 16,3 miliardi (+3,1% su un anno fa) e per il secondo anno di fila rispetta tutte le guidance. Il tutto in attesa di conoscere il nuovo piano industriale, che l’ad Pietro Labriola presenterà il 7 marzo.
Tra le buone notizie anche una riduzione dell’indebitamento finanziario netto che, al netto dei contratti di leasing, nell’ultimo trimestre è calato di 835 milioni rispetto a settembre con il miglioramento dei ricavi e l’incasso dei primi fondi del Pnrr. Il dato, quindi, ora si attesta a 20,3 miliardi di euro. Nell’ultimo trimestre del 2023, i ricavi totali del gruppo sono cresciuti a 4,3 miliardi (+1,9%), la parte più consistente è riconducibile ai servizi (4 miliardi, +3% su anno) con un elevato contributo della controllata brasiliana (+8,2%) e del mercato domestico, che dopo ben 22 trimestri è tornato a crescere (+1,2%).
Tim Enterprise, la divisione dei servizi alle imprese e alla Pa, ha visto il boom del cloud al quale sono riconducibili ricavi per oltre 1 miliardo. Bene la marginalità, con l’Ebitda di gruppo a 6,4 miliardi (+5,7% su anno). Il gruppo ha mantenuto gli investimenti intorno ai 4 miliardi, di cui 3,1 saranno in Italia. Il board inoltre ha proseguito i lavori per la lista del cda e ha approvato la «long list» del presidente Salvatore Rossi oltre alla «proposta di quest’ultimo di sottoporre al consiglio ulteriori candidature per il ruolo di presidente».
Intanto, mentre il braccio di ferro fra il board del gruppo tlc e Vivendi sulla vendita della rete a Kkr sembra potersi schiudere al dialogo, sarebbero gli avvocati del gruppo francese Filippo Modulo e Giuseppe Scassellati a spingere per proseguire la causa presso il Tribunale di Milano. Una via ad alto rischio per lo stesso primo socio di Tim, che avrebbe forse più convenienza a trattare un accordo.
Su un altro fronte, un’indiscrezione da Bruxelles diffusa ieri potrebbe schiudere importanti scenari per il mondo delle tlc europeo. In base a una bozza, la Ue potrebbe alleggerire le norme sulle fusioni allargando le maglie dell’Antitrust (in passato piuttosto strette, con alcune importanti operazioni bloccate) e riducendo il numero degli operatori. Inoltre, potrebbero arrivare norme per spingere le Big Tech a pagare un’equa tariffa per l’utilizzo delle reti tlc, partecipando in questo modo alla costruzione dell’infrastruttura per il 5G, che richiede ingenti investimenti. Sul documento dal titolo «Building Europe’s digital infrastructure of tomorrow: towards a Digital Networks Act» (Costruire l'infrastruttura digitale europea di domani: verso una legge sulle reti digitali) per centrare gli obiettivi decennali per la connettività e il 5G potrebbero essere necessari investimenti fino a 148 miliardi.
Bruxelles, quindi, si è finalmente accorta che attori di più grandi dimensioni possono reggere meglio l’urto e il 21 febbraio la numero uno della Concorrenza Ue, Margrethe Vestager, presenterà il documento agli operatori.
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