Azouz se ne va: finita la pena, espulsione a Natale

da Milano

Ancora due mesi, e il rapporto tra l’Italia e Azouz Marzouk sarà definitivamente chiuso, senza rimpianti - si può immaginare - né da una parte né dall’altra. Ieri il tribunale di Como ha condannato a tredici mesi di carcere per spaccio di droga il giovane immigrato tunisino, già noto alle cronache in quanto marito e padre di due delle vittime della strage di Erba (quattro morti, 1 dicembre 2006). Marzouk, che è agli arresti dal novembre dello scorso anno, finirà di scontare la pena poco dopo Natale. All’uscita dal carcere verrà espulso dal nostro paese e rispedito in Tunisia.
Il suo legale, Roberto Tropenscovino, in realtà non considera ancora chiusa la partita: «A Marzouk - dice - sta bene lasciare l’Italia, lui stesso considera esaurita la sua esperienza in questo paese. Ma prima di andarsene ritiene che sia suo diritto assistere fino in fondo al processo agli assassini dei suoi familiari». Cioè ai coniugi Olindo Romano e Rosa Bazzi, i vicini di casa imputati del massacro. Per consentire a Marzouk di ascoltare dal vivo la sentenza a carico di Olindo e Rosa, l’avvocato Tropenscovino annuncia ricorsi in Cassazione e al Tar.
Il processo (con rito patteggiato) a carico di Azouz Marzouk ieri si è tenuto - dettaglio vagamente inquietante - nella stessa aula dove si celebra abitualmente il processo a carico di Olindo Romano e Rosa Bazzi, la cui ripresa è fissata per il 17 novembre. L’imputato è arrivato in aula direttamente dal carcere di Vigevano dove si trova rinchiuso da quando, avendo violato gli obblighi relativi alla libertà vigilata, la magistratura aveva deciso che era meglio che aspettasse in cella la sentenza.

«La pena inflitta - dice il suo legale - dimostra che il suo ruolo nell’attività di spaccio era marginale». Le pene maggiori, in questa sorta di clan a gestione familiare, sono andate al fratello di Azouz, Fahmi Marzouk (quattro anni) e a sua cognata Wafa (due anni).

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