Roma Pranzi, cene, perfino prime colazioni all’alba. Alle volte da gourmet, altre a tirar via. Sempre con buona pace del colesterolo. Perché il punto non è tanto la pancia, quanto l’esigenza sempre più sentita negli ultimi mesi di fare fronte comune. O - per usare quella parolina magica che al Cavaliere non è mai piaciuta - strutturare «correnti». Così, una prassi che agli albori del governo apparteneva soprattutto agli ex An, già esperti fin dai tempi dell’Msi di buona parte dei ristoranti vicino via della Scrofa, è andata velocemente prendendo piede in un Pdl sempre più traballante. E dove l’uscita dei finiani ha in qualche modo radicalizzato la contrapposizione tra le due anime del partito.
Da una parte gli ex An e dall’altra gli ex Forza Italia. I primi - La Russa, Gasparri, Alemanno, Matteoli - forti di una storia politica fatta di porta a porta e rapporto con il territorio e decisamente più abili nella gestione di una macchina complessa come un partito. Non a caso hanno inizio a fare gruppo da subito, spesso a cena in un ristorante di via Garibaldi, ai piedi del Gianicolo. Abitudine che si è andata via via perdendo, anche perché da capogruppo al Senato Gasparri ha sempre avuto un atteggiamento inclusivo rispetto agli ex azzurri. Che hanno iniziato ad organizzarsi ormai da un anno sull’onda delle prime colazioni e dei pranzi nella foresteria della Farnesina dove di fatto è nata Liberamente, l’associazione che fa capo a Frattini, Gelmini, Carfagna, Prestigiacomo e Valducci. Incontri a cui spesso ha partecipato Fitto e di tanto in tanto Alfano che ne ha però preso le distanze.
Già, perché il quadro è complesso e alle divisioni per casata vanno aggiunte quelle per territorio. Leggi nel caso specifico Sicilia, visto che l’asse Schifani-Alfano non pare affatto in buoni rapporti né con la Prestigiacomo né con Micciché (che recentemente ha salutato il Pdl e dato vita a Forza del Sud). Un caso - quello del ribaltone che oggi vede la Sicilia governata sì da Lombardo ma senza l’appoggio del Pdl - che potrebbe non restare isolato. Tra le decine di dossier sul partito che sono arrivati in questi mesi a Berlusconi ce n’è infatti uno che desta più preoccupazione di altri: il caso Sardegna. Dove qualche tempo fa Pisanu ha dato il via ad un rimpasto che non sembra aver risolto i problemi del governatore Cappellacci su cui si allunga l’ombra di un esecutivo tecnico. Anche in quell’occasione, ad ospitare l’incontro «carbonaro» con Pisanu e gli altri dissidenti fu un ristorante: «Da Renzo», ad Oristano. E nel resto d’Italia le cose non è che vadano meglio. Solo qualche esempio. In Toscana fa rumore la fronda dei deputati Bergamini e Tortoli contro il coordinatore nazionale Verdini, mentre nella provincia di Como sei consiglieri e tre assessori hanno fondato il gruppo Autonomia comasca: non sono confluiti nel Fli, ma hanno comunque voluto rompere con il coordinatore provinciale Butti, larussiano di ferro. Anche se la Lombardia è nell’occhio del ciclone soprattutto per essere il crocevia tra Formigoni e Lupi (e quindi Comunione e liberazione), Gelmini (cioè Liberamente) e La Russa. Con qualche nervosismo se nel pranzo organizzato qualche giorno fa all’hotel Westing Palace di piazza della Repubblica a Milano - presenti tra gli altri Frattini e Gelmini - c’è chi non ha esitato a dare per «chiusa» l’era berlusconiana invitando i presenti a guardare al futuro ed organizzarsi per il dopo-Cavaliere. Sintomatico, poi, quanto sta accadendo in Campania. Dove resta la contrapposizione tra il governatore Caldoro e Cosentino, con la Carfagna schierata con il primo e la De Girolamo in posizione più terza. Sintomatico perché i sommovimenti sono così rapidi e improvvisi che Cosentino ha lanciato come candidato sindaco quel Martusciello che fino a poco tempo fa era uno dei suoi più accesi avversari.
Un quadro, quello sul territorio, che fotografa alla perfezione le incomprensioni a Roma. Dove giocano un ruolo importante anche i coordinatori Verdini e Bondi, perché nonostante i rumors e il pressing di Liberamente non pare che il Cavaliere sia affatto intenzionato a rimuoverli. Tanto che è stato proprio Verdini a scrivere di suo pugno l’ordine del giorno dell’ufficio di presidenza del Pdl che mercoledì dovrebbe dare il via alle nuove regole per indicare i coordinatori locali (anche se resta il nodo dei vicecoordinatori, incarico che Berlusconi vorrebbe abolire). E i vertici di via dell’Umiltà in questo momento giocano la loro partita con la sponda di La Russa (triumviro anche lui) ma anche del gruppo che fa capo a Cicchitto e Tajani, gli ex azzurri del Lazio. Deputati, senatori, europarlamentari e consiglieri regionali che di tanto in tanto si ritrovano a cena a casa di Cicchitto, zona Vigna Clara. Alla finestra, invece, Scajola. Anche lui - in occasione della nascita della fondazione Cristoforo Colombo - ha recentemente riunito una quindicina di parlamentari in un ristorante del centro di Roma, pur volendo limitarsi a fare l’osservatore. Di più difficile lettura il ruolo di Tremonti, anche se alcune sere fa - a casa del vicepresidente della Camera Leone - qualche parlamentare di fede tremontiana non ha esitato a ipotizzare un governo tecnico guidato dal ministro dell’Economia. Continuano, poi, le cene degli ex Forza Italia al ristorante «Strega», pochi passi dal Viminale. Organizzano Biancofiore, Bertolini e De Girolamo (tutte di Liberamente) ma la tavolata è aperta e frequentata anche da chi non ne fa parte. L’ultima volta, per esempio, c’erano anche parlamentari vicini a Scajola o a Fitto e verso la fine ha pure fatto un salto Cicchitto. E che i rapporti tra il presidente dei deputati del Pdl e Liberamente non siano idilliaci non è certo un mistero. Prove di dialogo, dunque. Perché nel partito ci si inizia a rendere conto che prima della resa dei conti interna sarebbe bene scongiurare possibili travasi - soprattutto a livello locale - verso il Fli. Che ovviamente è pronto ad accogliere a braccia aperte tutti gli scontenti. E domani sera si ricomincia. Gli ex An, infatti, ceneranno ai piedi del Gianicolo mentre gli ex Fi si siederanno a tavola a pochi passi dal Viminale. Un’immagine che fotografa la distanza che c’è nel Pdl tra i due «casati».
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