Roma - Oltre un’ora di faccia a faccia all’hotel Minerva e poi una nota congiunta per dire quali sono i punti che accomunano Pdl e Terzo polo nella strada che porta alle riforme. Piccolissimi segnali, visto che il percorso resta lungo e pieno zeppo d’incertezze. Soprattutto finché ad aprile non si chiuderà la finestra del voto anticipato. Solo allora il confronto entrerà davvero nel vivo e si scopriranno le carte.
Per il momento, quindi, Pdl e Terzo polo si limitano a dirsi d’accordo sul superamento del bicameralismo perfetto, sulla riduzione del numero di parlamentari, sull’assegnazione al premier del potere di nomina e revoca dei ministri nonché sulla sfiducia costruttiva. Un incontro, spiega Ignazio La Russa, «che ci ha soddisfatti» perché si è riusciti a «imporre una certa attenzione sull’avvio del percorso delle riforme». Insieme all’ex ministro per il Pdl erano seduti al tavolo Gaetano Quagliariello e Donato Bruno, mentre per il Terzo polo c’erano Italo Bocchino, Lorenzo Cesa, Ferdinando Adornato e Pino Pisicchio.
Un primo giro d’orizzonte, anche se un’intesa su una road map per riforme istituzionali e legge elettorale è ancora lontana visto che il Pdl considera una priorità le prime e il Pd la seconda. Che poi è anche la posizione dell’Italia dei valori. Così, la conferenza congiunta dei capigruppo di Camera e Senato per «impegnare» formalmente i partiti è stata rinviata a data da destinarsi perché, spiega il presidente dei senatori del Pd Anna Finocchiaro, «un’intesa politica ancora non c’è».
Il nodo vero di tutta la partita resta infatti la legge elettorale, visto che non c’è partito che nel metterci mano non tenga ben presente vantaggi e svantaggi. E il problema è che lo scenario delle alleanze è ancora molto fumoso e per certi versi difficile da prevedere. Di certo c’è che il Pdl resta a favore del bipolarismo perché, è la replica di Quagliariello alle obiezioni di Altero Matteoli, il fatto che nella nota congiunta con il Terzo polo si auspichi una legge elettorale che «non obblighi a coalizioni politicamente forzate e senza vincoli programmatici» significa solo dire «no» alle ammucchiate. E in questa direzione va l’idea di introdurre quello che Angelino Alfano definisce «uno sbarramento molto alto», così da non frammentare in modo esasperato il Parlamento e favorire l’ingovernabilità. E sul punto è probabile che non parli a caso Licia Ronzulli che immagina «una soglia dell’8 per cento aumentata in caso di coalizione multipartitica».
«Sarebbe - dice l’eurodeputata del Pdl - una novità senza precedenti in grado di consolidare il bipolarismo e garantire stabilità ai governi». Una soluzione che porterebbe a un ridimensionamento della Lega che avrebbe il problema di dover scavallare lo sbarramento e che pare non dispiaccia troppo neanche a Pier Luigi Bersani visto che il segretario Pd ha gli stessi (ma speculari) problemi di alleanze del Cavaliere. Anche a Berlusconi, dunque, l’ipotesi piace. In chiave anti-Lega e perché spinge di fatto verso un riavvicinamento tra Pdl e Terzo polo. Non è un caso che proprio ieri Alfano si sia affrettato a tranquillizzare il Carroccio spiegando che «non c’è alcuna intenzione di fare una legge elettorale contro la Lega» visto che «gode di percentuali nazionali da superare qualsiasi soglia di sbarramento».
Anche se è chiaro che l’8 per cento a via Bellerio farebbe un po’ paura. Ecco perché Umberto Bossi non perde l’occasione per far sapere al Pdl che «se si fa la legge elettorale dobbiamo esserci anche noi». «La Lega - gli fa eco Roberto Calderoli lasciando intendere che la tentazione dello sbarramento monstre esiste davvero - si opporrà sempre all’ipotesi di un bipartitismo».
Una questione, quella della legge elettorale, di cui si parlerà oggi a Palazzo Grazioli in un pranzo tra Berlusconi e i vertici del partito.
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