Azzurri con le gonne

nostro inviato a Berlino

Tocca alle azzurre con i calzoni. È la sorte (qualche maschilista dirà triste) di questa Italia rosa-dipendente. È successo nel nuoto, ce lo aspettavamo anche nell’atletica (Schwazer a parte). Le donne sanno essere puntuali (Pellegrini, Filippi, Cagnotto, Pennetta, Jessica Rossi, quella del tiro a volo), gli uomini sono prevalentemente maccheronici, talvolta indifendibili. Antonietta Di Martino l’ha detto ancor prima di partire: «Noi sappiamo soffrire». Tradotto: abbiamo attributi. Se non bastasse, ce l’ha dimostrato ieri, esattamente come Elisa Cusma il giorno prima e ci proverà anche oggi.
Tutti in piedi per le sorelle speranza. Quest’anno il pianeta donna si è allargato a dismisura nel nostro sport, più nelle gare individuali che in quelle di squadra dove, evidentemente, l’unione maschile riesce ancora a fare la forza. E oggi vediamo un po’. Elisa Cusma si presenterà alla finale degli 800 metri ed è già un successo, perché mai altra italiana ce l’aveva fatta. Gabriella Dorio pescò la finale a Helsinki ’83, ma nei 1500 metri. La Dorio era una bella e rigogliosa contadinotta. La Cusma uno scricciolo tutto cuore e nervi. È figlia di un ex pugile, ma non riesce proprio a dare ascolto al papà quando lui le dice: «Se qualcuna ti sorpassa, dalle un pugno in testa». Lucio Cusma è stato campione d’Europa dei leggeri tra l’83 e l’84, era un combattente vero come la figlia, gran bagarreur, insomma uno che si infilava volentieri nella zuffa tra le corde.
Per qualche verso padre e figlia si somigliano, anche se lei ha più strategia in gara e sa bene che, più dei pugni, occorrono gambe buone e magari un bello sgomitare nella bagarre in pista. La sua corsa verso il successo è straordinaria, se pensiamo che cinque anni fa lavorava ancora in un ristorante pizzeria di Piumazzo, il paese del Modenese dove vive con il padre. Nata a Bologna, 28 anni fa, ha posto la base operativa a Modena. Ha pensato al diploma (scuola d’agraria) prima che alla corsa. Ha cercato la sicurezza economica con l’Esercito prima che le medaglie. Ha fatto tutto per bene, insomma. Ed ora sta salendo un altro gradino. Oggi avrà intorno sette belve (5 europee) scatenate. Ed una, che sembra uno (boh!), più di altre: la diciottenne sudafricana Caster Semenya, comparsa d’incanto dai campionati giovanili africani. «Se arrivo ottava sarà una delusione. Non sono appagata», ha annunciato la nostra. Gli esperti italiani del mezzofondo dicono che con un pizzico di buona stella potrebbe scapparci la sorpresa da podio. Ottimisti? Per ora è l’unica ricchezza incontaminata di cui disponiamo.
L’altra ricchezza sta nelle gambe e nel carattere di Antonietta Di Martino: ieri mattina ha provato il copione. È salita perfetta fino al metro e 95 della qualificazione, inciampando solo in un salto al metro e 89. «C’era vento contrario, mi ha dato un po’ fastidio», si è spiegata. I prossimi due mesi saranno intensi: domani la finale mondiale, fra una trentina di giorni il matrimonio. C’è il tanto per farsi un regalo. «Una bella idea» ammette.

«Ma oro e argento se lo giocheranno la Friedrich e la Vlasic. Poi c’è una bella compagnia per il bronzo». Vero, a Berlino Vlasic (croata) contro Friedrich (tedesca) vale un Inter-Juve pieno di cattiveria. La Di Martino per ora è il Milan. O forse meglio.

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