Babbo Natale, non si calunnia la fantasia

Non deve nemmeno averla presa alla lontana, la supplente delle elementari di un paesino inglese, dal nome complicato: Sutton Coldielf. Costei ha guardato negli occhi i bambini che s'agitavano, già soddisfatti pensando alle loro lettere a Babbo Natale, e ai regali che ne sarebbero presto risultati. E in tono di ripicca gli ha spiegato: «Siete cresciuti abbastanza per sapere che Babbo Natale non esiste». Alla qualcosa quelli dei banchi davanti si sono imbronciati, e il più temerario, con la bocca tonda, ha tentato di replicare. Subito deriso però da qualcuno dei banchi di dietro, e poi vinto dalle altre parole della maestra: «Chiedetelo ai vostri genitori, vedrete: pure loro vi diranno che Babbo Natale non esiste». Esito della bella trovata, che perciò è finita sui giornali: lacrime a non finire, proteste dei genitori e il direttore della scuola che licenzia la supplente. E fa bene saperlo. Non rimedia all'idiozia di questa cattiveria. Ma almeno la depreca. Il che è un bene, mentre l'Occidente è in gara per diminuire il Natale, ed esibirsi nella sua ultima mania multiculturale.
Sicché non c'è data requie neppure a Natale. Chi infatti guardi il bel cielo di queste giornate, soltanto che se ne compiaccia, si ritrova qualcuno a dirgli ch'è l'effetto serra. E se compriamo i regali ecco allora pronto il labbro di qualcuno contorcersi: soddisfatto di ricordarci i tanti bambini che muoiono di fame. E dunque bene: se dispiace ai cuori contorti di questi sciocchi il licenziamento ci voleva. Ma il danno è irrimediabile. Non solo perché si sono costernati dei bimbetti, e si è calunniata la fantasia. S'è agito peggio: s'è sciupata una venerazione ingenua dell'anima. Quanto del resto fa tutta una pedagogia che deride ogni fede ingenua e pretende di sostituirla con la critica. Come se la venerazione non fosse una forza calda e preziosa che forma l'anima. Coi risultati che vediamo: adolescenti cerebrali, educati solamente a criticare, ma per sempre vili e nervosi. Il materialismo ha questo esito. Si vesta dei suoi tanti solidarismi o ecologismi cambia poco: comunque asciuga male l'anima, e la raffredda prima del tempo.
Peraltro andrebbe smentita pure la pretesa di dire inesistente Babbo Natale. Potrei persino concedere che il grafico Haddon Sundblom a corto d'idee diede la faccia di suo padre al Santa Claus che la Coca-Cola gli aveva commissionato nel 1931. Ma decidere della sua esistenza, o meno, è affare più complicato. Né liquidarlo come un'invenzione consumistica dell'America sarebbe poi così facile. Thomas Nast che nel 1862 disegnò per primo Babbo Natale su Harper's Weekly era appena tornato dagli orrori della guerra civile. Era un emigrante e non aveva un soldo. Quando si ritrovò assieme alla sorella a ripensare a loro due, bimbetti sognanti, e ai loro miseri Natali gli venne la tenerezza di disegnarlo con la pancia rotonda, la pipa, e il viso di suo padre. E però circonfuso di tutti i regali che quello strampalato suonatore bavarese di trombone non aveva potuto regalargli. E quel Clement Clarke Moore, che nel 1822 scrisse su Babbo Natale la poesia ch'ebbe successo mondiale era un noiosissimo professore. Ma aveva sei bambini e l'attesa dei loro sorrisi, mentre leggeva i suoi versi, gli sciolse il cuore. Insomma, a saperla davvero, l'esistenza di Babbo Natale in America è più nobile di quanto i nostri materialisti pretendano.

E anche lì oltreoceano ha confortato da sempre i poveri: come quei marinai olandesi di New York che, primi, festeggiarono Santa Claus. E poi esiste con la medesima certezza che ha ogni padre, che sia reso un uomo migliore dalla meraviglia dei figli.

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