È allarme in Messico per i pusher bambini: piccoli tra i sei e gli otto anni, utilizzati dai trafficanti per vendere la loro merce. L'allerta parte da Tijuana, la città della Baja California vicina al confine con gli Stati Uniti, dove Norma Esquivel, capo della Direzione municipale contro le dipendenze accusa: decine di bambini messicani tra i sei e gli otto anni, negli ultimi mesi, si sono trasformati in piccoli pusher di marijuana, hashish e cocaina. «Le notizie che ci arrivano dalle scuole della città, in particolare dalle zone ad est, le più povere - spiega Esquivel a una radio locale - dicono che i genitori ricorrono allo spaccio per sopravvivere e sempre più spesso inviano anche i loro figli per strada a vendere droga. Alcuni di questi genitori sono tossicodipendenti, in altri casi si tratta di famiglie monoparentali, dove una madre ritrovatasi sola e con molti figli, è costretta a sbarcare il lunario in condizioni di estrema ristrettezza».
Secondo la Esquivel la situazione a Tijuana è diventata sempre più grave col passare dei mesi: l'aumento è proporzionale al numero di donne che sempre più si trovano sole a mandare avanti la famiglia. In molti casi i mariti, coinvolti nel business del narcotraffico, sono morti o sono in prigione. I piccoli pusher si rivolgono anche a clienti coetanei, spesso contattati a scuola: col fenomeno dei minispacciatori cresce anche quello dei piccoli consumatori.
Uno studio realizzato dalla Direzione di attenzione ai bambini e adolescenti a rischio della Bassa California rivela il moltiplicarsi di casi di bambinii, tra gli otto ed i dieci anni, entrati a far parte dei programmi dei centri di recupero per tossicodipendenti. E questo soprattutto in città come Mexicali, Tijuana ed Ensenada.
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