Parigi - Ha gli occhi azzurri della madre, Cristiana, il fisico asciutto del padre, Santo, e lo stesso amore per la moda degli zii Gianni e Donatella. Francesca Versace dimostra in tutti imodi che la genetica non è un’opinione. Laureata in fashion design e marketing alla prestigiosa Saint Martin School di Londra, ha presentato nei giorni scorsi a Parigi una piccola collezione firmata "Francesca V" per un pubblico di giovani come lei. Il suo è stato un debutto senza passerella, ma comunque significativo perché questa ragazza di 25 anni porta un cognome leggendario.
Chiamarsi Versace
tiha facilitato la strada
oppure no?
«È un innegabile vantaggio,
ma anche un
peso: se sbagli nessuno
ti perdona niente.
Il primo anno di scuola
a Londra piangevo
sempre: mi facevano
dannare tanto i compagni
quanto i professori.
Ho resistito solo
perché i programmi
della Saint Martin sono
straordinari».
Dicono che l’esame d’ammissione
sia difficilissimo, l’hai superato
subito?
«Purtroppo no. Ce l’ho fatta al secondo
colpo: in famiglia siamo tutti
zucconi e quando ci mettiamo
in testa una cosa è impossibile farci
cambiare idea. Io volevo studiare
lì e avevo ragione perché ho
imparato tanto».
Dopo la laurea ti sei messa a lavorare,
come e con chi?
«Ho incontrato un’amica di famiglia,
Tina Tan, che nel ’79 aprì il
primo negozio Versace a Singapore.
Mi ha offerto una collaborazione
per Alldressedup, una linea
per i giovani. Ho passato tre mesi
a Singapore dove mi hanno insegnato
un sacco di cose tecniche:
da come si fanno i prezzi al look
book».
E hai preparato la collezione...
«FrancescaVè un piccolo progetto,
30 capi all’interno di una collezione
più vasta. Il tema era la via
della seta di Marco Polo e io mi
sono ispirata ai turbanti per realizzare
dei modelli semplici, con
colori molto soffici».
In famiglia come l’hanno presa?
«Sono molto contenti. Ai miei genitori
devo quel dono prezioso
che è la fiducia in me stessa. Anche
la zia mi ha sempre incoraggiata:
le farò vedere presto il mio
lavoro e spero che le piaccia.
Quanto ad Allegra l’ho sentita un
paio di giorni fa e mi ha detto:
“Brava, continua così”. Siamo
molto legate. Da piccole andavamo
nei backstage delle sfilate a
farci fotografare con le modelle
dello zio».
Lui cosa diceva?
«Ci sgridava facendoci ridere a
non finire perché urlava frasi tipo:
“Zoccolette, adesso basta, vi
sembrerà strano ma qui stiamo
lavorando”. Aveva molto humour».
Cosa ti ricordi di lui?
«Ci diceva: “Ragazze oggi niente
shopping, andiamo a comprare
dei libri che vi fa bene”. Aveva ragione
da vendere».
Cosa stai leggendo?
«L’ultimo romanzo di Paulo Coelho:
La strega di Portobello».
Esclusi i parenti, quali stilisti
ammiri?
«Mi piace il lavoro di Stefano Pilati
per Yves Saint Laurent, adoro i
vestiti corti di Giambattista Valli,
gli accessori di Chloè, e trovo fantastici
due giovani: Philip Lim e
Gareth Pigh».
Ti piacerebbe lavorare per Versace?
«Ho un amore sviscerato per
l’azienda di famiglia,ma non è ancora
il momento: devo fare le mie
esperienze da sola, capire e migliorare».
Il prossimo progetto?
«Riguarda architettura, arredamento
e design. Prevede diverse
tappe in giro per il mondo».
Papà approva?
«Assolutamente sì: mene ha parlato.
E quando sei stata ascoltata dal
Pm per l’inchiesta sullo scandalo
Vallettopoli cosa ha detto?
«Che ero stata coinvolta solo perchémi
chiamo Versace».
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