BACON

Prima gli demolisce la mostra, poi si scusa: «Non voglio rovinare la festa al Correggio. Mi dispiace per il Comitato scientifico. Doveva stare più attento. In fondo non era difficile individuare il falso. Alla mostra erano esposte due tele molto simili. E il Correggio non ha mai fatto doppioni». Così ieri Vittorio Sgarbi, visitando in anteprima la mostra che si apre oggi in varie sedi a Parma dedicata a «Correggio» (fino al 25 gennaio 2009), ha denunciato la presenza di un falso tra i dipinti esposti. «Tra qualche giorno rivelerò il nome dell’autore del falso Correggio, un artista padano vivente. Mi sono trasformato in una sorta di Maigret dell’arte. Partirà una sorta di caccia al tesoro per scoprire il nome del pittore incriminato. Mi dispiace per gli organizzatori, ma in fondo, è sempre un modo per parlare della mostra». Chissà se gli organizzatori saranno contenti, visto che hanno messo in moto da tempo una «macchina» per ricordare questo artista, profilarne percorso e contesto. Risultato: il ritorno in patria da musei italiani e stranieri di oltre 20 dipinti accanto ai 7 conservati nella Galleria nazionale di Parma, esposti con 50 disegni. Numerose opere di altri artisti a confronto, manoscritti, documenti, incisioni, proiezioni multimediali. E ancora il catalogo (Skira) e un convegno previsto per il 28, 29, 30 novembre.
Primo a dipingere in Lombardia «cose della maniera moderna» - così lo definisce Giorgio Vasari nelle Vite del 1568 -, timido, malinconico, abile nel trattare il colore, così bravo che «se fosse uscito di Lombardia e stato a Roma, avrebbe fatto miracoli...», Antonio Allegri, detto il Correggio dal paese di nascita, miracoli li fa egualmente tra Correggio, Parma, Mantova. Ma un salto a Roma lo deve aver fatto, prima del 1518, perché da quella data la sua pittura dolce e soffusa assume toni di una grandiosità degna di Michelangelo e Raffaello.
Non chiaramente ricostruibile la giovinezza e le prime opere, la prima svolta in pittura viene datata intorno al 1520 con la decorazione della Camera della badessa Giovanna Piacenza nel monastero di San Paolo a Parma. Un soffitto creato da un finto pergolato di foglie e frutti, con 16 ovali aperti sul cielo. Scorci audaci, rivoluzionari, cui seguiranno tra il 1520 e il ’30 quelli di altri due capolavori ad affresco, le cupole del monastero di San Giovanni Evangelista e del Duomo di Parma. Ma le invenzioni di Correggio riguardano anche la pittura su tavola e tela, sacra e profana. La luce, violenta, irrompe su suggestivi notturni come quello della celebre pala con l’Adorazione dei pastori (La Notte) di Dresda del 1528-30. Sante Caterine, Teste di Cristo, Martiri di santi, creati con una sensibilità moderna, rivelano forti legami affettivi e una nuova umanità. Boschi e paesaggi sugli sfondi emanano profumi serali grazie allo spessore di una pittura tonale intrisa di luce e ombra. E una delicata sensualità investe i soggetti profani, cui il pittore si dedica durante la maturità a Parma e soprattutto a Correggio, dove si ritira dal ’30 sotto la protezione di Veronica Gambara, principessa di Correggio e celebre poetessa.

Il Ritratto di gentildonna di San Pietroburgo firmato dal pittore in latino (Antonius Laetus), sembra proprio quello della Gambara, alla cui cultura allude la scritta greca sul piatto che la donna tiene in mano.
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