Bagattelle per una «provocazione»

Fotomontaggio choc del mensile Max, in edicola oggi: il cadavere di Roberto Saviano in un obitorio, steso su una barella con cartellino di identificazione legato all’alluce, ripreso di scorcio dai piedi. Una postura - accompagnata dalla scritta «Hanno ammazzato Saviano» - che richiama il Cristo di Mantegna e la famosa immagine di Che Guevara morto. Motivazione ufficiale della rivista, spiegata dal direttore Andrea Rossi: «Non ce l’abbiamo fatta più a sentir gente attaccare Saviano. La goccia che ha fatto traboccare il vaso sono state le dichiarazioni di Marco Borriello. A quel punto ci siamo detti basta». Una provocazione, insomma. Replica ineccepibile dello scrittore: «Una foto di cattivo gusto utilizzata per speculare cinicamente sulla condizione di chi vive protetto. Questa pressione sulla mia morte lascia sgomento me e la mia famiglia. Ma rassicuro tutti: non ho alcuna intenzione di morire». Giustamente sui giornali si osserva che - provocazione o meno - la foto non sembra aiutare l’autore di Gomorra.

Teniamolo a mente per le prossime «provocazioni», ricordando quelle del passato: tipo la «provocatoria» (o era «satirica»?) vignetta in cui un lavoratore in mobilità voleva raggiungere il ministro Brunetta per insegnarli cos’è il precariato accoppandolo con un colpo di pistola. Oppure tipo i «provocatori» (o erano «satirici»?) musical, libri, film in cui al Cav toccava la stessa sorte: finire all’obitorio.

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