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Bala Nurghab, Afghanistan, sulla linea del fuoco con le italiane in divisa

C'è chi spara mortai, chi va a caccia di ordigni esplosivi, chi pilota elicotteri d'assalto. Sono le nostre soldatesse al fronte: giovani, forti e orgogliose del proprio Paese. «Nella vita la passione è tutto - dicono - E se c'è da difendere i colleghi non ci facciamo scrupoli»

Donne italiane al fronte, sulla linea del fuoco. In Afghanistan. Una spara con i mortai contro gli insorti a Bala Murghab, un'altra va a caccia di ordigni esplosivi rudimentali, una sorta di Hurt Locker in chiave afghana, un'altra ancora pilota gli elicotteri d'assalto Mangusta. Il maresciallo Lisa Giuseppina Cravotta, comandante di plotone della 106ma compagnia mortai del secondo reggimento alpini ha fatto fuoco due giorni fa contro gli insorti a Bala Murghab, «neutralizzando con precisione la minaccia», sette razzi che avevano colpito la base operativa avanzata dove oltre alle forze italiane ci sono unità americane e afghane: «Sette razzi piovuti sulla nostra base in meno di due giorni non sono pochi - dice il maresciallo -, e la risposta non si è fatta attendere: mercoledì i mortai della 106ma compagnia del 2° alpini hanno sparato sei volte ed è tornato il silenzio nella valle di Bala Murghab, dove noi del 2° siamo di base insieme all'esercito afgano e agli americani». A Bala c'era parecchio movimento da diversi giorni, per il cambio della guardia tra un kandak, cioè un battaglione afgano, e un altro. Le lunghe colonne di mezzi militari afghani lungo la strada difficile e lenta che porta a Bala Murghab, a nord di Herat, hanno destato l'attenzione di chi non ama la presenza delle forze di sicurezza nella valle: «Un'attenzione che si è tradotta con il lancio di sette razzi, finiti, senza causare danni, a poche decine di metri dalla Fob, la base operativa avanzata Columbus, dove da due settimane abbiamo costituito la Task Force North, condividendo la base con una compagnia afgana e una americana. Prima di reagire abbiamo determinato con precisione il punto di lancio, in campo aperto e a pochi chilometri dalla base, secondo le indicazioni degli esploratori americani. Poi ci siamo sincerati che nella zona circostante non ci fossero civili». E così a mezzogiorno è arrivato il battesimo del fuoco per i mortaisti della 106ma: sei colpi precisi sul bersaglio e minaccia sventata.
Pamela Sabato, 27 anni, è invece pilota dell'elicottero d'assalto A-129 Mangusta. E in Afghanistan dall'inizione del mese per fare il tirocinio e affinare tecniche e procedure: «Nessuna difficoltà - racconta - solo all'inizio qualche problema nell'approccio con i colleghi maschi, ma poi mi hanno accettato come una di loro. L'importante, aggiunge, è saper fare bene il proprio lavoro, uomo o donna non conta». Il Mangusta è una delle macchine da guerra più micidiali dell'esercito, scorta i convogli, è dotato di missili anticarro, e quando spara l'esito è devastante. «È vero - dice - è una macchina fantastica, per un pilota è la massima aspirazione». Sparare sul nemico? «Nessun problema - dice - se lo scopo dell'attacco è difendere, i miei colleghi, non ho scrupoli».
Il maresciallo degli alpini Paola Gigante e il suo cane Zero, un labrador nero, fa parte di una unità del genio che cerca esplosivi: gli Ied, ordigni improvvisati. Quelli che vengono nascosti sul ciglio della strada ed esplodono al passaggio di una pattuglia. «Ci chiamano quando c'è qualcosa di sospetto - dice -. Mando avanti il cane che è addestrato proprio per trovare gli esplosivi. Per lui è un gioco e se trova un ordigno il premio è giocare ancora con una pallina di gomma». Il maresciallo Gigante non è sola, naturalmente, in questa attività, alle sue spalle c'è la sagoma del Buffalo, una mostro metallico da 28 tonnellate, blindato, dal costo di un milione di euro, con un lungo braccio da 9,5 metri per far esplodere le mine anche da lontano. Si dice che quando finisce un ordigno esplosivo gli otto uomini che fanno parte dell'equipaggio hanno la sensazione che sia esplosa una gomma. Il mostro è stato appena acquistato dalla difesa italiana proprio per garantire la maggiore sicurezza dei militari che si muovono in Afghanistan.
Laura Letta, tenente dell'aeronautica militare, pilota, 31 anni, sposata con un sottufficiale dell'Aeronautica militare, 800 ore di volo sul C-130J della 46ma brigata aerea di Pisa, è al suo primo impegno all'estero. Ad Herat trasporta soldati destinati al fronte occidentale. Sorride quando parla del suo lavoro, si vede che è felice: «Sì - dice - l'impegno è come quello degli uomini, d'altra parte ogni lavoro richiede attenzione. Noi donne pilota siamo mosche bianche, ma ho anche visto che i miei colleghi non hanno problemi per il fatto che sono una donna. Con il tempo hanno imparato ad apprezzarmi e si fidano.

Sono diventata pilota per passione: e sono convinta che nella vita la passione sia tutto».

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