Sport

Baldini: «Ho vinto per l’Italia e contro tutti»

Riccardo Signori

nostro inviato a Goteborg

Caro Baldini, dopo otto anni torna re d’Europa della maratona. C’è un segreto?
«Il primo segreto sono le capacità che mi hanno regalato mamma e papà. Il secondo sta nella qualità del mio team, grazie al quale supero anche i momenti difficili. Il terzo nello stile di vita morigerata, la capacità di programmazione senza usare sostanze dopanti. Chi dura così a lungo non si è consumato tanto, perchè utilizza benzina che ti arriva da una alimentazione naturale».
Faticoso ritrovare la grinta che l’ha condotta a vincere le olimpiadi?
«Ricordo che Bordin quando vinse gli europei di Spalato ’90, dopo aver vinto i Giochi nel 1988, disse: è stato più duro di testa che di gambe. Vero. Sentivo molto la pressione, le attese, soprattutto le mie. Dopo l’anno scorso, compresa la sconfitta ai mondiali, mi sono dato una regolata».
In che senso regolata?
«L’anno passato ho detto pochi no a cose che andavano al di là dello sport. Intendiamoci, era giusto concedersi dopo la vittoria olimpica: per me, perchè certe cose passano una volta sola nella vita, e per il movimento dell’atletica. Quest’anno la situazione è cambiata: ho detto qualche no. Ho ripreso la quotidianità della vita d’atleta al 100 per cento».
Ed ha pensato solo a vincere....
«L’anno passato potevo darmi delle giustificazioni. Quest’anno non ce ne sarebbero state. Ho fatto due maratone (l’altra a Londra, ndr) una più bella dell’altra. Ho dimostrato di saper correre in ogni situazione. Magari, vista in tv, questa maratona sarà sembrata facle. Ma non era così. I campioni rendono facili le cose difficili. Ce l’ho fatta».
Dov’erano le difficoltà?
«Nel percorso, molto simile a quello di Helsinki: anzi qui c’erano pavè, rotaie, cambiava l’asfalto. E nell’accerchiamento che mi sono trovato a fronteggiare. Tutti contro di me. È stata una gara pazza. Non eravamo usciti dallo stadio e già gli spagnoli mi attaccavano perchè mi hanno visto indietro».
E allora?
«Mi sono messo in guardia ed ho atteso. A metà maratona eravamo rimasti in sette-otto. Dopo 25 km ho frenato perchè mi sono venuti i crampi. Mi succede quando corro piano. Allora, dopo il trentesimo chilometro, ho alzato io il ritmo: i crampi sono spariti e gli avversari con il passare del tempo».
È rimasto solo lo svizzero Rothlin ....
«Ha 32 anni, beato lui! Lo conosco, a Sankt Moritz si allena con i keniani. Ho aspettato ad attaccare, non volevo rischiare di fare 6 km da solo. Ma quando Gigliotti mi ha detto: non mi fido della volata, ho atteso la prima salitella e al 40° chilometro sono partito».
Secondo titolo europeo, un bel palmarès di successi...
«Sì, sono molto contento per la capacità di tirare fuori il meglio da me stesso. Ho superato Bordin: io ho vinto un bronzo mondiale in più e pure un titolo di mezza maratona».
Se avesse partecipato anche alla maratona di Monaco 2002, i titoli europei potevano essere tre?
«No, quella rinuncia mi ha allungato la carriera. Mi ha dato la molla per vincere ad Atene».
Quanto conta quest’oro?
«Conta tantissimo per me e per il movimento. La Fidal ha puntato e investito molto su noi maratoneti: non volevamo deludere. In questi europei l’Italia non ha brillato tantissimo, però qualcosa si è mosso. Ho visto una nazionale più combattiva, giovani che si sono battuti. Abbiamo vinto anche la coppa Europa di maratona: tutto serve per attirare i ragazzini. Pure in pista».
Ed ora?
«Programmo un’altra maratona prima di fine anno: magari a New York. Questo risultato ci voleva, è strepitoso.

Sono felice come la sera del 29 agosto 2004».

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