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Baldini, Longo, Gibilisco l’Italia cerca il colpo di coda

La Legnante quinta nel peso. Le maratonete si consolano col titolo a squadre

nostro inviato a Goteborg
Invariabilmente pioggia: dal cielo di Goteborg e sul destino dell’Italia dell’atletica. Anche ieri pollice verso. La maratona di Bruna Genovese è finita in un bel buco nell’acqua. Pare per un dannato mal di piedi. «Non riuscivo a spingere sul bagnato, eppoi c’erano il pavé, i binari». Magari le curve. Come se per le altre siano state tutte rose e fiori. Se un maratoneta affonda per un mal di piedi, meglio s’inventi un’altra scusa. Comunque non lo dica. Alibi per una medaglia sfumata dopo una trentina di chilometri quando le avversarie, soprattutto le russe, hanno allungato il passo e la nostra ha continuato a ritmo di diesel.
Maratona dove è successo di tutto, salvo veder sortire un raggio di sole italiano. Ulrike Maitsch, ventinovenne stilizzata tedesca, è partita dalle spalle della Genovese ansimante ed ha vinto. Olivera Jevtic, stessa età della tedesca, ha conquistato la prima medaglia serba della storia dopo la divisione dal Montenegro. Le russe hanno raccolto il minimo (un bronzo). Le italiane la coppetta di consolazione che sarebbe la coppa Europa per il miglior piazzamento collettivo (contano i tempi delle prime tre): quattro fra le prime nove, a cominciare dal quinto posto della Genovese, per continuare con la combattiva Toniolo (7) che corre in stile Radcliffe, Volpato (8), Incerti (9), mentre altre due (Mancini e Console) sono cadute come fosse una specialità tutta italiana.
Meglio dimenticare e sperare che Stefano Baldini oggi non abbia mal di piedi per condurre la sua maratona da campione al quale pesano gli anni più che le gambe. «Io cerco il podio. Ma ci sono anche gli avversari», ha sintetizzato. L’ultima giornata degli europei propone un piatto forte per l’Italia, anche se Giuseppe Gibilisco è ricorso alla psicologia del maestro Vitaly Petrov per guarire da mali che stanno nella testa più che nelle gambe. E per sfruttare il bagno di fortuna dell’altro giorno. Andrea Longo avrebbe bisogno, a sua volta, di uno strizzacervelli per togliersi dall’apatia che lo ha dominato nei momenti importanti della carriera. La semifinale degli 800 gli ha regalato momenti di gloria, se nessuno cambierà passo avrà qualche chance. Altrimenti come prima, più di prima. Infine gli staffettisti della 4x100 dovrebbero rispolverare la corsa di ieri in semifinale, battuti soltanto dagli inglesi: secondo tempo (38"84) e qualche speranza, visti i francesi (38"85) e il resto della compagnia.
Ci sarebbe il tanto per un gran finale dopo troppe stonature. Gli staffettisti della 4x400 hanno buttato la chance da finale con l’ultima sciagurata frazione di Carabelli (Barberi era infortunato) e con quella al ralenty di Vallet. Giaconi è finito contro l’ultimo ostacolo nella semifinale dei 110. Vizzoni fuori dai migliori otto nel lancio del martello. E solo il sorriso convinto e radioso di Assunta Legnante è stato il fiore di una giornata di nuvole: quinta nel getto del peso (m.18,83), ha sfiorato il suo personale che poi è record italiano (18,92). «Ci ho proprio pensato». Invece, per il podio, si è trovata davanti al muro delle ercoline della specialità che hanno sparato tutte oltre i 19 metri. Comunque oscar della miglior gara delle femmine d’Italia in questi europei. Vale il bronzo della Rigaudo. Fra l’altro la Legnante è tornata in gara dopo un’operazione alla fascia plantare del piede sinistro. Chissà che mal di piedi.

Ma non l’ha detto.

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