Gian Marco Chiocci - Massimo Malpica
Fra moglie e marito (i giudici) ci mettono il dito. E proprio per «colpa» delle rispettive consorti, sia Angelo Balducci che Fabio De Santis non possono ottenere la detenzione domiciliare. I due provveditori arrestati nell’inchiesta sulle Grandi Opere debbono infatti restare in cella per una serie infinita di motivazioni tecnico-procedurali, ma soprattutto «per il coinvolgimento emerso, sia pure a vario titolo, di familiari, ed in particolare delle mogli, ben inserite nel sistema delineato, di cui conoscono i dettagli e se ne avvantaggiano in modo palese, anche se con ruoli non penalmente rilevanti, il che contribuisce a confermare la pervasività del sistema stesso, costituente un vero e proprio stile di vita antigiuridico».
È tutto? Macché. Non è solo una questione di mogli coinvolte, di stile di vita improprio. È un problema di casa, di luogo di residenza, di giro d’amici e d’affari. Perché è evidente - scrivono nell’ordinanza del 14 giugno i giudici del tribunale del Riesame che hanno rigettato la richiesta degli arresti domiciliari presentata dai difensori di Balducci e De Santis - «l’inidoneità di una detenzione domiciliare in Roma, luogo in cui gravitano i centri di interesse e i rapporti dell’indagato». Motivazioni quasi in fotocopia per l’uno e per l’altro. Le uniche, sottili divergenze riguardano l’attuale sussistenza del pericolo di reiterazione del reato nonostante Balducci «abbia rassegnato le dimissioni da più di due mesi da ogni incarico pubblico all’interno del ministero di cui faceva parte», e De Santis «non ha potuto usufruire dell’aspettativa richiesta al competente ministero da cui dipendeva in quanto quest’ultimo gli ha comunicato di ritenere chiuso il rapporto di lavoro in questione». Anche se non sono più alla guida del vapore, i due protagonisti della «cricca» - a detta sempre dei giudici del Riesame di Firenze - possono ancora combinare pasticci anche se non più «intronei» all’ufficio di appartenenza: seppur lontano dal posto di lavoro - osserva la Cassazione in una pronuncia richiamata nelle motivazioni - resta il pericolo che il detenuto, una volta a casa, «si aggreghi quale estraneo a pratiche corruttive nel settore dell’ordine pubblico e assuma iniziative illecite in relazione ai reati contro la pubblica amministrazione».
L’unica, vera, spiegazione del mantenimento dell’ordinanza cautelare in carcere per i due resta, però, l’incompatibilità con le signore Balducci e De Santis. Che nelle intercettazioni dei carabinieri tornano spessissimo. La prima mentre parla con Anemone dei problemi idraulici nella sua casa di campagna, per i casini creati dai domestici romeni (che si è appurato esser stati stipendiati dall’imprenditore amico), per i tendaggi e i lavori in casa pagati coi soldi tirati fuori dal sempre presente, e sempre generoso, Diego Anemone. La cui moglie, Vanessa Pascucci, verrà «beccata» in società proprio con la signora Balducci nella casa di produzione cinematografica Erreti che finanziò, nel 2004, il film «Anime» nel quale recitava il figlio di Balducci, Lorenzo, mentre il fratello dell’attore, il solito Anemone l’aveva assunto al circolo sportivo del Salaria Sport Village.
Quanto alla signora De Santis le intercettazioni si sprecano anche qua, a cominciare dal presunto input dato al marito in merito a come far emettere certe fatture a un architetto amico per lavori mai effettuati. La posizione della donna è tornata di moda proprio di recente col deposito dei riscontri trovati dal Ros in relazione al mobilio ottenuto in regalo dalla società Tecnowood riferibile al gruppo Anemone (quando arriva la libreria richiesta la signora De Santis mostra di non gradire il regalo perché il colore è marrone anziché bianco) e alle vacanze omaggio sulla neve all’hotel Cristallo di Cortina (750 euro a notte), oltre a una macchina Smart messa a disposizione da un altro imprenditore, Gaetano Ciotola.
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