RomaNessuna ammissione, neppure in questa seconda tornata di interrogatori. Lex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo Balducci, raggiunto venerdì scorso da un nuovo provvedimento di custodia cautelare nellambito dellinchiesta della Procura di Firenze sui grandi eventi, seppur provato da un mese di detenzione, continua a respingere ogni addebito. «Non sappiamo quale contributo possiamo dare per accertare la verità: di tutto quello che sarebbe accaduto Balducci non sa assolutamente nulla», dice lavvocato Franco Coppi uscendo dal carcere.
Lo stesso fa Francesco De Vito Piscicelli, limprenditore intercettato la notte del terremoto in Abruzzo mentre ridendo programma con il cognato come buttarsi sugli appalti della ricostruzione. Ora è in carcere con laccusa di concorso in corruzione continuata ed aggravata, reato anche nel suo caso legato alla gara per la costruzione della Scuola marescialli dei carabinieri a Firenze. Secondo i magistrati si sarebbe dato da fare, in cambio di denaro, per far sì che Balducci e il provveditore alle opere pubbliche della Toscana Fabio De Santis aiutassero Riccardo Fusi, ex presidente della Btp, a riprendersi lappalto per la Scuola dei marescialli dal quale limpresa era stata estromessa dopo una prima aggiudicazione. Ma ieri, nel carcere di Regina Coeli, davanti al gip di Roma Valerio Savio che lo interrogava per rogatoria, ha ribadito che i suoi rapporti con gli altri personaggi coinvolti nellinchiesta sono stati sempre regolari e ha spiegato di essersi limitato a presentare Fusi a Balducci. Senza ottenere nulla in cambio. La Procura di Firenze, invece, ritiene che si sarebbe fatto pagare e che il denaro sarebbe stato poi in parte girato a Balducci e De Santis. Sotto forma di orologi di marca, come quello regalato per Natale a De Santis. O acquistando una casale allArgentario con relativo terreno e intestandolo alla mamma dellamico provveditore. Casale che, secondo i carabinieri del Ros, sarebbe stato anche ristrutturato a spese di Piscicelli. Contestazioni che limprenditore ha respinto con fermezza. «Siamo in grado di dimostrare - spiega lavvocato Marcello Melandri, che lo assiste - che il casale è stato comprato con assegni firmati dalla madre dellingegner De Santis e che non fu Piscicelli a pagare i lavori, ma si limitò a mandare a De Santis la ditta che stava ristrutturando la sua casa, a poca distanza da lì. Abbiamo la documentazione che lo dimostra, carte che durante la perquisizione domiciliare gli investigatori non hanno voluto acquisire nonostante Piscicelli ne avesse segnalato limportanza». Limprenditore ha inoltre chiarito le circostanze che ruotano intorno allaccusa di aver chiesto un milione e mezzo di euro a Fusi come ricompensa per averlo introdotto nellambiente della Ferratella. «Piscicelli - spiega il legale - aveva bisogno di un mutuo e Fusi si era interessato affinché la banca glielo concedesse. Ma ciò non avvenne, così Piscicelli chiese al costruttore un assegno da restituire in tre anni con gli interessi. Poi i due non si misero daccordo e lassegno non venne mai staccato». Nessuna corruzione, dunque. «Siamo assolutamente certi di come andrà a finire questa vicenda, finirà benissimo per noi e finirà a Roma», sostiene lavvocato Melandri annunciando di aver chiesto il trasferimento degli atti nella capitale.
Per i magistrati fiorentini, però, le accuse reggono, eccome. Anzi il quadro indiziario risulterebbe rafforzato dopo le perquisizioni e i primi interrogatori. E nella memoria presentata lo scorso 23 febbraio a integrazione delle nuove richieste di custodia cautelare i pm sostengono che per Riccardo Fusi la ricerca di collusioni con pubblici ufficiali era una «prassi ordinaria».
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