Il balordo / Sempre al bar. Ma voleva 15 camerieri

Al bar sotto il comando della polizia locale, a San Donato Mila­nese, Michele lo conoscono tutti. Basta chiedere. «Ma sì, il patito delle macchinette!». Michele D., classe 1962, pugliese di origine ma spiantato di natura, è il classi­co tipo che tira a campare. Non ha un lavoro fisso, non ce l’ha mai avuto. E al videopoker, è ve­ro, talvolta vince, ma certo non al punto da poter condurre un teno­re di vita che richieda l’assunzio­ne di ben 15 domestici! «Non ha un’abitazione idonea» assicura­no i vigili, ai quali la questura ha chiesto di espletare qualche ac­certamento su di lui dopo che la prefettura ha deciso di vederci chiaro: le sue richieste di emersio­ne dal lavoro clandestino erano alquanto sospette. Al punto che la lunga informativa sul suo con­to è finita sul tavolo del pm Leti­zia Mannella. Pure lei decisa a sa­perne qualcosa di più, il magistra­to ha co­nvocato in procura il per­sonale dell’ufficio immigrazione della questura. Si è scoperto così che Michele D. ha fatto da prestanome per di­verse false aziende e che, tra l’al­tro, nella sua lunga e scaltra «car­riera », è riuscito a mettere in rego­la con il permesso di soggiorno anche tanti comunitari romeni allo scopo di far loro la residenza in maniera definitiva e violando in questo modo la norma sulla permanenza dei comunitari, un reato piuttosto grave. Ma Michele D. è un gran furbo e finora l’ha fatta franca.Il suo no­me apparve anche accanto a quello di Enrico Cilio, messinese di Patti,noto per essere stato il co­gnato di Mic­hele Sindona e mor­to l’anno scorso all’età di 80 anni. Nel 2009 Cilio era stato coinvolto in un’indagine dei carabinieri che portò in carcere 12 persone accusate di aver falsificato docu­menti per regolarizzare 7.000 stranieri. Il gruppo, attraverso, una trentina di società fittizie, emetteva qualsiasi tipo di docu­menti servisse per regolarizzare la posizione di stranieri. Cilio, se­condo le accuse, aveva organiz­zato l’associazione in modo scientifico, con ruoli e attività ben distinte, a cui partecipavano anche il figlio, il nipote e l’ex mo­glie del figlio.

Un affare da 14 mi­l­ioni di euro che ha fatto ricchi al­cuni dei componenti dell’asso­ciazione a delinquere, tanto che la procura aveva disposto il se­questro di beni immobili pari a circa 100 mila euro. Michele D., però, riuscì a cavarsela. E ora non si trova.Anche al bar da un po’ di tempo non lo vedono più...

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