nostro inviato a Bergamo
Ci sono tre segnali per capire che forse la Roma non deve stare troppo tranquilla: 1) L'Inter a Bergamo torna in versione luna park: due tiri, due gol; 2) Quelli dell'Atalanta vedono Julio Cesar solo per stringergli la mano alla fine; 3) Mancini riprende le buone abitudini e battibecca con Crespo al cambio, segnale appunto che la vera Inter sta tornando. Ma non c'è solo questo però, se giusto 21 ore dopo che il mondo aveva già assegnato il ruolo di favorita per lo scudetto alla rimontante Roma, l'Inter si riprende i 4 (cioè 5 punti) di vantaggio, e per di più con una giornata in meno.
Il tutto nasce da un po' di follia e altrettanto coraggio, perché ci vuole sia uno che l'altro per affidare una squadra che sembra traballante a un diciassettenne, seppur di talento. Eppure che fosse il giorno di Mario Balotelli lo si era capito già dal riscaldamento, da quell'aria indolente di uno che vuole spaccare il mondo e da quell'andatura per riconquistare gli spogliatoi di uno che sa che lo farà. Balotelli appunto è l'idea meravigliosa di Mancini per Bergamo e probabilmente - è il sospetto - per la fine del campionato. E il fatto che il tecnico nerazzurro spieghi che ha scelto lui «perché a 17 anni uno ha la testa libera dalle preoccupazioni», dimostra anche di quelle - di preoccupazioni cioè - ce n'erano in abbondanza, soprattutto dopo la vittoria di sabato della Roma che sembrava essere - anche quello, sì - un segnale. Tutto passato, però, almeno per ora. Perché, oltre a SuperMario, l'Inter di Bergamo rispiega a piena forza Vieira e questo è l'ingrediente base per confezionare una partita cinica e utile. Molto utile.
Il tabellino che sconsolatamente volta le spalle all'Atalanta (nel primo tempo la cosa più vicina a un tiro in porta finisce nei pressi della bandierina del calcio d'angolo) è la dimostrazione che quando c'è da badare al sodo all'Inter serve solo un po' di fiato in più. Ecco allora Vieira che salta tonico sulla schiena di Pellegrini per confezionare l'1-0 di testa (su calcio d'angolo, guarda un po', di Balotelli), per un gol che «permette di recuperare Patrick anche mentalmente» e che comunque fa gridare al fallo, ancorché soltanto dopo aver visto la tv. Dimostrazione questa che se degli aiuti tecnologici vogliamo farne a meno, ci si deve accontentare del calcio dal vivo e di arbitri con due occhi.
In vantaggio l'Inter conquista ogni mattonella del campo, in più Zanetti sta a uomo su Doni e lo fa andare fuori di testa garantendo a Julio Cesar un pomeriggio sereno. Poi, appunto, c'è ancora Balotelli, quello del secondo gol con un dribbling bailado in faccia a Coppola e anche quello che prima - minuto 40 del primo tempo - Mancini richiama in panchina per sgridarlo da bravo papà. Balotelli apprende che certi falli stupidi (nel caso in questione su Langella) non si fanno e poi riparte, assicurando con il gol del 2-0 su assist di Cruz la tranquillità per il finale e anche un futuro all'attacco nerazzurro. Un futuro tra l'altro che forse non sarà di Adriano («giudicheremo quando tornerà» sentenzia il Mancio severo), ma che magari chissà potrebbe vedere l'Inter sempre più convintamente in corsa per Ronaldinho, Berlusconi permettendo («Arriva in Italia? Non lo escludo. Ma non parliamone adesso...»). Prima però c'è da badare alla Roma, anche se intanto Mancini si è preso la sua grande rivincita lasciando alla ritrovata curva nord dell'Atalanta solo il tempo per qualche protesta inutile e per molti insulti fuori luogo. Tutto tranquillo però, e di questi tempi è già molto.
Insomma: chi aveva già visto l'Inter cotta e mangiata, praticamente bollita, è servito. Dice poi Mancini: «Non importa quello che fanno gli altri, importa che se vinciamo sempre non dobbiamo preoccuparci di nessuno. Ottimista? Lo ero anche prima. Lo sono sempre stato». Anche questo è un segnale.
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